Terremoto politico a Sermoneta a poco più di cinque settimane dal voto per il rinnovo del Consiglio comunale e per il nuovo sindaco della città. L'altra mattina, infatti, sette consiglieri della maggioranza, alcuni dei quali entrati nel mese di gennaio dello scorso anno (Scarsella, Aprile, Torelli, Centra, Cargnelutti, Agostini e De Santis), hanno protocollato una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco Claudio Damiano.

I sette, nella nota che chiede espressamente la convocazione del Consiglio comunale per portare ai voti la mozione, hanno ripercorso le tappe della vicenda che ha portato parte di essi a passare dalla minoranza alla maggioranza a sostegno di Damiano, spiegando perché nel febbraio 2018 decisero di votare contro la mozione di sfiducia allora presentata da Agostini, Scarsella, Giovannoli, Montechiarello e Marcelli, e motivando questa scelta necessaria per evitare l'arrivo di un commissario prefettizio. A distanza di poco più di un anno, però, la situazione sembrerebbe radicalmente mutata, con i sette che hanno deciso di portare in aula la sfiducia al sindaco reo, secondo gli stessi, di forzature e di scorrettezza istituzionali, l'ultima delle quali relativa alla decisione di togliere la delega ai Servizi sociali a Chiara Caiola, per la nomina della quale, però, furono tutti d'accordo nel cambiare il regolamento sugli assessori esterni. La stessa Chiara Caiola in una nota ha pesantemente criticato la decisione del sindaco, affermando: «Mi è stata tolta in maniera premeditata e ingiustificata la delega, ma la verità è che se c'è una persona che deve essere licenziata per la continua assenza questa non può che essere proprio il sindaco. Io, donna e giovane, oggetto di un atto vile, predeterminato e ingiustificato. Un modo di fare che appartiene a una visione della politica opportunistica e irrispettosa delle persone. Licenziata dal sindaco Damiano senza un confronto, una verifica. Pugnalata alle spalle. Le assenze non c'entrano nulla, a essere invece assente è stato proprio lui, il sindaco».

La mozione presentata, che al netto di tutto rappresenta comunque una sorta di sfiducia a se stessi e a quel progetto (il famigerato Accordo di Programma sottoscritto per "salvare" Damiano) sottoscritto un anno fa, sarà presumibilmente discussa proprio nel pieno della campagna elettorale e potrà avere conseguenze sulle scelte dei cittadini.

Ieri, poi, è arrivata la replica di Damiano: «La mozione di sfiducia? In tutta tranquillità dico che non mi fa né caldo, né freddo. Ormai è più di qualche anno che sono abituato a convivere con le ambizioni di molti il cui unico obiettivo è quello di preparare la successione al sindaco alimentando, invece della politica del fare, la politica degli ostacoli al fine di ottenere facili consensi». «Mi si vuole sfiduciare perché ho ‘licenziato' l'assessore Chiara Caiola? A parte che il linguaggio e la terminologia usata da Caiola non mi appartiene, non credo che sia da considerare ‘ingiustificato' il provvedimento per chi da settembre a oggi, su 22 Giunte, ha partecipato esclusivamente a 12 di esse. Di predeterminato non c'è nulla, se non la necessità di portare a termine il lavoro lungo di assessori, consiglieri e soprattutto dei dipendenti comunali, nello sforzo di dare quelle risposte amministrative necessarie ai cittadini», ha spiegato Damiano, che poi non si è lasciato sfuggire una stoccata nei confronti di alcuni tra i firmatari. «La questione dell'arredo urbano della piazza, argomento cavallo di battaglia di Aprile & co. - ha concluso il primo cittadino - che in questo anno e mezzo si è risolto in una unica commissione e nulla più».