L'aver smantellato il sistema Latina e la legalità sono il prezzo che la città sta pagando per la lentezza con la quale tante criticità vengono affrontate, per gli intoppi nei procedimenti, per una cultura del bene comune contro la gestione di quelli di prima. E' stato questo uno dei concetti chiave su cui il sindaco di Latina ha puntato giovedì scorso nel suo incontro pubblico ai giardini del Comune. Per risollevarsi dalle macerie del passato ci vorrà tempo – questo il succo del suo ragionamento - i frutti li vedremo nella prossima consiliatura e la città non deve guardare alla carrozzeria, all'estetica di quella complessa macchina che è il Comune, ovvero le strade da asfaltare, l'erba da tagliare, le fontane da sistemare, il decoro da mantenere, ma deve guardare al motore che simboleggia quel lavoro interno tutto svolto dietro le quinte.
Le ragioni di un voto dimenticate
Ma se Coletta è stato eletto tre anni fa, e sembra dimenticarlo, è proprio per gli errori delle precedenti amministrazioni, per quelle macerie di cui lui ha intessuto il suo discorso. «Se tutta questa attenzione mediatica verso i nostri sbagli ci fosse stata in passato forse sarei rimasto a fare il cardiologo» – dice ad un certo punto. Ed è un punto su cui inciampa, lasciandosi trascinare dalla retorica. Perché il medico della società civile che ha creato un'associazione civica e che dal nulla ha cominciato a cementificare pezzo dopo pezzo la sua fortuna elettorale, ferma al 18 % al primo turno e poi divenuta al ballottaggio un oceano di consensi, lo ha fatto anche grazie ai riflettori che erano ormai stati puntati sul tessuto sociale creato dai faccendieri e sui blitz in Comune su ordine della procura, grazie al questore De Matteis e a chi l'ha preceduto, e grazie anche all'opera costante di critica che i media (in gran parte gli stessi di oggi che pungolano, verificano e spiegano ciò è che accade, e non accade, in Comune) hanno svolto. La lentezza e il lungo elenco delle cose ancora da fare dopo più di mille giorni di governo che oggi, per Coletta, sarebbero il prezzo da pagare al tributo di legalità e onestà, ai cittadini appaiono invece come il segno dell'incapacità a capire quali siano le vere esigenze di una comunità, quali siano i problemi da affrontare subito, anche se sono il retaggio di vecchie grane ereditate.Che ci fossero guai grossi da risolvere, la città lo sapeva già. Come poteva dimenticarlo se nell'urna ha espresso un voto mai così convinto e consapevole dando un colpo di spugna a 20 anni di centrodestra, a due commissariamenti e alla città prona sotto una coltre di debiti ed opere promesse e mai realizzate? Se la città non ne fosse stata realmente consapevole non avrebbe votato Damiano Coletta, non avrebbe votato la promessa del cambiamento, il nuovo libro, la cultura del bene comune di tutti contro l'interesse di pochi, il cambio sull'urbanistica, la promessa di decoro urbano come quella di togliere le barriere architettoniche entro cento giorni di governo, l'illusione di tirare una riga sugli impianti sportivi e sulle gestioni senza bandi, l'auspicio di voltare pagina sui rifiuti, di ridare dignità alla marina, di risolvere le incompiute oscene della città. Oggi il primo a dimenticare il valore e la portata di quel voto è proprio il sindaco di Latina perché l'unica difesa posta a baluardo di quanto ancora non si riesce a fare di quella lunga lista di promesse è ancora il racconto del passato, quello che la città conosce perché lo ha vissuto nel suo quotidiano, quello per cui la città lo ha votato in massa. Fermarsi ancora a quel racconto non è sufficiente. Ribadire di sentirsi dalla parte della legalità alla città non può bastare perché era la precondizione sui cui l'elettore gli ha affidato la città, chiavi in mano. Ma restare solo alla tenuta strenua di quella pre-condizione significa certificare un fallimento, di cui il sindaco è cosciente ma che cerca di dissimulare, affidandosi ad una comunicazione zoppa che non sa andare oltre le idee della campagna elettorale e oltre le maldestre sortite social dei consiglieri comunali ancora allineati.
La macchina indebolita
La metafora della macchina è un'altra immagine che non funziona nel momento in cui Lbc non solo mantiene a stento la carrozzeria, ma sta contribuendo ad indebolire anche il motore. Come? Creando un'azienda per i rifiuti che al termine del secondo anno di gestione non avrà probabilmente ancora avviato il porta a porta, lasciando il litorale a fare i conti con l'ennesima stagione sbagliata, lasciando l'urbanistica nel limbo dei piani annullati e dei dettami regionali ignorati e con un ufficio di piano annunciato e mai avviato. E perdendo la fiducia di quei 500 dipendenti comunali con un'organizzazione fagocitata dalla visione verticistica del direttore generale, che fa e disfa macrostrutture giocando a scacchi con incarichi dirigenziali e inventando ruoli extra dotazione. Alla comunità Coletta aveva promesso la strada della normalità, delle regole, dello sviluppo, della sicurezza, del futuro. Era il suo dovere da assolvere come lista civica. Altro ci poteva stare, forse, dal suo punto di vista, come le fughe sulle platee nazionali, le velleità personali da leader, la candidatura alle provinciali, ma non era richiesto da quegli elettori che volevano in primis un lavoro costante e concentrato sulle esigenze di una città. Sono quelle esigenze che oggi il sindaco di Latina non riesce ancora a focalizzare e che rischiano di rappresentare il passaporto per il ritorno del centrodestra alla guida della città. Quello che era stato il suo più grande successo, smantellare le destre dalla città, oggi può divenire il segno del suo tracollo. Fulmineo a prenderne il posto, e lesto, se non cambierà strategie, a rimetterli in sella.