Le acque del lago di Paola in base ai criteri dell’Arpa sono balneabili. La percentuale di batteri rilevata con le analisi è infatti inferiore ai limiti di legge. Ma ciò non significa che sia possibile abbassare la guardia. Anzi, visto che parliamo di un ambiente particolarmente delicato e già messo a dura prova.
A parlare chiaro è il rapporto finale dello studio commissionato dalla “Comunione Eredi Scalfati” a due geologi. In un centinaio di pagine si spiegano con dovizia di particolari quali sono i problemi del lago.
Tra le criticità riscontrate, quella degli scarichi civili. Un problema noto, visto che per anni - prima della realizzazione della circumlacuale - il nucleo abitato ha riversato le acque reflue nel bacino. E ancora oggi c’è il sospetto, tutt’altro che infondato a quanto pare, che qualche abitazione possa essere allacciata alla rete delle acque bianche. Senza poi contare la possibile contaminazione di reflui di origine animale.
Gli specialisti hanno effettuato un accurato monitoraggio, riscontrando le criticità maggiori nei pressi dell’area della Sorresca, mentre l’intensità della contaminazione è inferiore (intermedia) al Belvedere e minima nei pressi della Darsena. Il problema, come accennato, potrebbe essere riconducibile ad alcuni scarichi che finiscono nelle reti delle acque bianche. Un segnale di ciò sono le «macro-alghe» che sono state notate nella zona nord del lago. Per cui è assai probabile che, nonostante un’ordinanza sindacale, alcune abitazioni non siano allacciate alla rete fognaria. Oppure che continuino a usare fosse a dispersione, con gli apporti nutritivi che finiscono per arrivare comunque nel lago contribuendo alla sua «eutrofizzazione», ossia l’eccessivo arricchimento di tali sostanze. E questa è una delle prime questioni da affrontare per risanare il bacino, per la quale serve necessariamente una sinergia tra tutti gli enti coinvolti. Obiettivo cui punta, tra le altre cose, il “contratto di lago”.
Ma c’è anche un altro aspetto da non trascurare, ossia l’apporto di carichi di origine agricola. I fertilizzanti e le altre sostanze utilizzate, infatti, penetrano nel terreno e nei corsi d’acqua che poi confluiscono nel lago di Paola. Questo il motivo per cui si spera nell’incremento di una produzione biologica e biodinamica, con riduzione dell’uso di tali prodotti. Ma chiaramente serve del tempo. Nell’immediato si potrebbe intervenire con la realizzazione di vasche di fitodepurazione. E l’unico scoglio sarebbe il reperimento di risorse finanziarie. Ma a quello potrebbe contribuire proprio l’auspicata sinergia tra gli enti.