Ha l'umiltà e il sorriso ampio e sereno dei grandi Pier Luigi Cervellati, di chi per mestiere ha gestito la complessità, figlia di studi, di trame lunghe anni e anche di incomprensioni. Perché oggi l'urbanistica sembra ancora una materia astrusa e poco seguita dal cittadino, salvo poi egli stesso accorgersi (tardi) degli stravolgimenti che subisce il tessuto urbano a pochi metri da casa propria. Il professore bolognese che aveva ridisegnato la città e che ha visto soffocare quello studio da altri disegni politici e dalla logica del cemento e della densificazione, oggi parla di bellezza, di qualità urbana, di come la rigenerazione (insita nella legge regionale del Lazio, diversa da quella della Regione Emilia) sia una bellissima idea, a patto che non si lasci totalmente il pallino alle Regioni. «Il potere di pensare allo sviluppo di una città deve ritornare al Comune» - dice.

Professore, lei scriveva in uno dei suoi libri, «La città bella», che in quasi tutte le città si stanno compiendo delitti urbanistici. Il territorio risulta devastato e la qualità in declino. Oggi perché è ritornato sul luogo del delitto?
«La città vive di nuovi stimoli, di nuovi canali di ascolto, di giovani che se ne interessano. Mi aveva incuriosito il lavoro di Matteo Coluzzi che ha fatto un ottimo studio sul centro storico. E poi sono qui per una grande curiosità personale, la voglia di rivedere Latina con cui ho un legame particolare. Quando si fa un piano regolatore è come quando ci si innamora, alla fine ti senti parte del posto. Non fu proprio così quando mi offrirono di occuparmi di Latina. L'avevo vista, studiata occasionalmente e…»
E? Che ne pensava allora?
«Devo dire che a me diceva poco, ma poi con il lavoro mi sono ricreduto, e ho scoperto che era bella, aveva una sua storia, una sua identità, un mare bellissimo. Qui c'è il Circeo, il parco di Fogliano, il lago, tutta una serie di elementi che possono ritornare a ridare a Latina una centralità ambientale e culturale. Solo per fare un esempio avete un sistema di canali che sono un'opera di ingegneria idraulica di primaria importanza sulle cui sponde, però, è stato costruito. Oggi quei canali potrebbero essere un attrattore turistico, potrebbe essere l'occasione per spazio alla navigabilità e ad altri usi».
Oggi come ha ritrovato Latina?
«Ho girato per il centro e la marina e la prima impressione è che si sia costruito troppo. Ad esempio il grattacielo…»
Ecco, la Torre Pontina, che ne pensa?
«Mi sembra a prima vista l'espressione di una marginalità culturale. Mi fa pensare un po' alla torre di Babele, si costruiva sempre più in alto per arrivare a Dio, ma man mano che si saliva si perdeva il contatto con la terra, e alla fine tutti parlavano una lingua diversa… Una metafora per dire che si perde il contatto con la scala umana, con i bisogni della città».
Qui siamo ancora fermi al piano Piccinato del 1972, la storia non è cambiata, e ragioniamo su piani attuativi legati alle previsioni di quel piano, alcuni annullati. Le sembra possibile?
«Sì qui è ritornato in auge Piccinato, ma 40 anni di distanza da quella pianificazione sono troppi. La città va progettata però con il principio che quello che pianifichi, per essere in linea con lo sviluppo della città, deve essere in continuo movimento, non può durare 30 o 40 anni. Guardi come era diverso il mondo 30 anni fa: oggi abbiamo una generazione a testa bassa, io la chiamo così, ovvero con il telefonino in mano mentre trenta anni fa il cellulare non sapevamo neanche cosa fosse».
Lei parlò di terme, parco tematico, città delle acque. Ma qui il mare è rimasto un riferimento strategico solo sulla carta e una grande periferia trascurata e non, piuttosto, la prima forza di attrazione economica e sociale della città.
 «Ho visto il litorale e posso dire: siamo nel 2020, ci sono case costruite 60 anni fa e oggi totalmente obsolete dal punto di vista strutturale ed energetico. Voltare le spalle al mare ha significato voltare le spalle all'economia, ma si dovrebbe avere il coraggio di risarcire a saldo zero di metri cubi l'abbattimento delle case sulla duna, che io considero un delitto: vanno abbattute, non si cementifica sulla bellezza naturale. Costerebbe tantissimo anche ricostruirle, ci vorrebbe un grande progetto di sviluppo, e coinvolgere un consorzio di proprietà, di privati che si occupassero di riqualificare e gestire questa risorsa. Nel giro di 20 anni, questo si può fare, ma solo se c'è una volontà politica precisa».
E il centro di Latina? E' stata fatta la ztl, ma abbiamo pedonalizzato per trovarci una piazza vuota e senza socialità.
«Credo derivi dalla mancanza di funzioni abitative nel centro che devono riguardare una residenzialità dal basso, di carattere popolare. Il centro va vissuto, bisogna riportare i cittadini nelle abitazioni con progetti di social housing. Più in generale se la città va crescendo ha bisogno di una misura, di una regolamentazione. E Latina sta ancora crescendo a differenza di altre grandi città come Bologna, Milano, Firenze. Qui una nuova pianificazione, con una visione di insieme organica e non che viaggi a compartimenti stagni, è necessaria. Gli amministratori hanno prodotto atti sbagliati, atti di servilismo. Non puoi seppellire una città come Latina sotto una crosta di cemento, i cittadini devono reimpossessarsi della città e del suo centro ».