Sono violenti o sono maghi della fantasia? I circensi, gli acrobati, i domatori di tigri, leoni, elefanti, i funamboli inarrivabili sono il cuore di una lettera mesta e che ha un po' a che fare con le discriminazioni etniche e culturali. L'ha scritta Gaetano Montico, uno dei circensi più famosi di Latina, membro di una storica famiglia del settore e che adesso chiede aiuto. E parla di «etnocidio di una cultura millenaria» rivolgendosi direttamente al Ministro Alberto Bonisoli. Come si sa gli spettacoli da circo sono stati banditi da molte città, con ordinanze dei sindaci che fanno leva sulla inadeguatezza igienico sanitaria degli spazi scelti per gli spettacoli. Provvedimenti che sul piano strettamente tecnico non hanno retto all'esame dei Tribunali e infatti quasi tutti sono stati giudicate illegittimi perché, di fatto, incidono sullo svolgimento di un'attività produttiva per quanto strutturata in forma artistica. In termini più semplici quella in atto è una battaglia tra un'antica forma d'arte e una nuova sensibilità sul trattamento degli animali, tra lo spettacolo dal vivo e il dominio della rete, fra la tradizione di un'etnia (quella dei camminanti e giostrai) e un mondo dove errare, camminare, trasmigrare è difficile, spesso vietato. Come in questo caso.
Montico nella sua lettera parla di «persecuzione dell'etnia circense le cui antichissime e misteriose origini sono ancora oggi oggetto di ricerche e studi per la loro unicità socio-antropologica, che si può considerare un fenomeno unico nella Storia del mondo, in quanto caratterizzato dal nomadismo. Un'etnia che ha fortissimi legami con il mondo animale, quasi un cordone ombelicale e per questo andrebbe preservata anziché perseguitata».
In realtà la legge del 2017 che vieta lo sfruttamento degli animali nei circhi è stata proposta e approvata per evitare le violenze e un trattamento non consono, dunque la sua attuazione concreta, annunciata dal Ministro si potrebbe tradurre in spettacoli senza animali. Ed è proprio a questa svolta che i circensi come Gaetano Montico oppongono la possibile fine di una tradizione che va avanti da secoli, ancora adesso, mentre tutto il mondo è cambiato. Ci sono tuttora le carovane circensi che transitano lente accanto ai suv che sfrecciano, c'è il mondo del circo che monta le tende a mano e nessun altro fa ancora cose del genere. Una sorta di microcosmo del passato dentro un sistema tecnologico che viaggia ad alta velocità. La differenza è amplissima e forse di questo lo stesso Montico è consapevole, al punto che chiede attenzione per la cultura che il circo rappresenta più che per gli spettacoli che può mettere ancora in campo. «La preservazione di questa antica ed immutata cultura circense dichiarata ‘patrimonio dell'umanità' è un atto necessario perché essa va preservata e rispettata. Per millenni questa comunità itinerante è stata simbolo di libertà assoluta, spesso oggetto di diffidenza o d'invidia da parte della società dei sedentari. Ma non può morire, non così, per diffidenza».