Il progetto di realizzare le Terme di Fogliano, il sogno ormai dissolto sotto i colpi dei debiti, del fallimento e dell'inerzia dei soci, andrà all'asta fallimentare a settembre. Il patrimonio immobiliare, circa 72 ettari di terreno urbanisticamente dotati di una volumetria pari a circa 300.000 metri cubi secondo la stima di Quattrociocchi, ma con una valutazione economica calata di netto nella perizia della curatela fallimentare, dovrà seguire l'iter previsto dalla legge. Lo ha detto senza mezzi termini il curatore fallimentare Maria Cristina Ciampi nel corso della commissione congiunta Bilancio e urbanistica chiamata a dirimere i nodi urbanistici dell'area ma soprattutto le possibili evoluzioni e i progetti in corso, come era stato chiesto in apertura di seduta dai consiglieri Nicoletta Zuliani e Olivier Tassi. La situazione è più complessa che mai e la domanda se si poteva fare qualcosa per evitare di arrivare a questo punto è stata il trade d'union di tutta la seduta accendendo la polemica tra curatela e giunta, rappresentata in aula dagli assessori Giulia Caprì, Gianmarco Proietti e Franco Castaldo. Il Comune, titolare del diritto minerario e prossimo a mettere a bando il posto da direttore minerario, detiene l'85% delle quote e la Provincia il 15%. Su questo fronte l'ente si è affrettato a spiegare di aver presentato ricorso (come ha fatto anche l'avvocatura della Provincia) contro la sentenza del giudice e di considerare incongrua la valutazione fatta proprio dalla curatela, dal momento che la prima stima dei terreni valeva 34 milioni di euro la seconda 16,8 milioni e quella fatta dalla curatela, 6,9 milioni. «Dobbiamo attendere l'esito dei ricorsi – ha spiegato l'assessore Proietti che ha chiamato in causa la curatela per chiedere come mai il patrimonio fosse stato stimato al ribasso. «La perizia è stata chiesta dal tribunale ed è stata redatta per la finalità per valutare gli asset aziendali per una ipotetica cessione delle quote, aveva finalità commerciali – ha spiegato il tecnico della curatela Valdimiro Macera- Terme non è proprietaria dell'intero quartiere termale, è proprietaria di una quota parte perché 8 ettari sono in zona agricola, sull'area vige anche la pregiudiziale per una vendita del diritto di superficie a 99 anni. Il complesso ricade nel Prg ma non ha una piano particolareggiato attuativo, la potenziale edificabilità non si può calcolare. Ecco perché la stima è scesa». Insomma la questione è complessa e le strade potevano essere due, o l'asta o il concordato fallimentare, come spiegato dalla Ciampi. Ma la terza via, quella di un tavolo aperto tra Comune e curatela, è stata lasciata morire. Nel mese di ottobre il giudice delegato aveva infatti chiesto un incontro con il sindaco e gli assessori Caprì e Castaldo, e proposto un protocollo di intesa tra curatela e amministrazione per vedere le strade da attuare a livello urbanistico e rendere possibile una vendita il più vantaggiosa possibile senza depauperare il patrimonio delle terme in funzione di un acquirente che subentrasse nella partecipazione o in funzione di un'asta pubblica. Ma il Comune, nonostante due incontri non è venuto a dama per l'assenza del dirigente all'urbanistica. Insomma anche questa carta l'amministrazione sembra averla giocata male. «Noi procederemo con l'asta a settembre - ha spiegato la curatela- ma con il rischio che vada deserta perché senza fondamenti urbanistici perde valore in un'area priva di piano attuativo». Altro capitolo in sospeso quello di via Massaro: nella commissione è stata confermato l'avvio del procedimento di esproprio per un parte del tracciato che incide sul terreno delle terme. Un altro segnale di disinteresse all'area e a quello che ne sarà del suo futuro? Sul fronte urbanistico stante il vincolo della destinazione a complesso termale difficile pensare ad appetiti edificativi anche se Castaldo ha detto che la possibilità di una variante resta sempre in piedi. E se Olivier Tassi ha ricordato che non c'è traccia delle Terme nel documento unico di programmazione del Comune, Zuliani ha affondato il colpo: «E' incredibile che dopo la riunione di ottobre nessuno abbia informato i consiglieri. Le cose si fanno alla chetichella. Perché le due ipotesi post fallimento non sono state trattate in consiglio?». Una domanda rimasta senza risposta.