Una vita normale non la conosce. E non potrebbe essere altrimenti per un personaggio come come lui. L’impresa da compiere, insomma, è sempre dietro l’angolo.  Questo ed altro ancora, per dire che è iniziata la spedizione invernale di Daniele Nardi al Nanga Parbat. L'alpinista è partito lunedì pomeriggio dall’Italia dove era tornato solo pochi giorni fa, reduce dal viaggio con Alex Txikon in Argentina, dove hanno scalato il Cerro de San Francisco, una cima di 6080 metri, e l’Incahuasi, il vulcano di 6621 metri. Il viaggio è stato anche un’occasione per realizzare un servizio video fotografico in alta quota, oltre a servire come acclimatamento in vista dell’ottomila pakistano.
Il team sarà sul versante Diamir e seguirà la via Kinshofer, la “normale” del Nanga Parbat, già salita da Nardi nel 2008 quando ha scalato l’ottomila senza ossigeno. Gli inverni scorsi l’alpinista laziale aveva invece tentato dallo Sperone Mummery, su cui sognava di aprire una via nuova e che ha scalato di fatto per tutto il tratto di roccia, fermandosi a 6400 metri di quota. Da lì in poi rimangono ancora delle incognite sulla linea da seguire per arrivare in vetta, incognite che non troverà sulla Kinshofer.
«Conoscere la via dà dei vantaggi che fanno la differenza d’inverno – ha spiegato Nardi - Significa sapere già dove allestire i campi alti, conoscere dislivelli, difficoltà, tempistiche, e quindi potersi concentrare su un buon piano di salita. Quest’anno è Alex il leader della spedizione per una decisione condivisa e insieme abbiamo deciso di tornare sulla Kinshofer, su cui abbiamo avuto un buon risultato l’anno scorso».
Compagni di Daniele Nardi sono Alex Txikon e Ali Sadpara, mentre hanno rinunciato Janusz Golab e Ferran Latorre. La loro sarà una spedizione classica e farà uso di corde fisse. Questo vorrà dire che nella fase iniziale gli alpinisti saliranno più volte sulla montagna per allestire i campi alti, portare i materiali e attrezzare la via. Una fatica in più rispetto a uno stile leggero e alpino, ma che garantirà al team migliori condizioni in termini di sicurezza, soprattutto in caso di difficoltà.
«Le corde fisse sono come un Filo d’Arianna che permette agli alpinisti un rientro al campo base veloce il che è fondamentale in caso di situazioni critiche, come può essere un malore o l’arrivo di una bufera improvvisa. La Kinshofer segue una linea molto esposta e nel tratto tra i 6000 e i 7000 metri di fatto è tutta una lastra di ghiaccio, perché i forti venti raramente permettono alla neve di depositarsi al suolo. Il superamento di questo tratto in stile alpino non è affatto semplice e richiederebbe almeno il posizionamento delle soste per poter scendere in corda doppia. Da qui la decisione del gruppo di seguire uno stile di salita classico”.
«Quest’inverno non saremo i soli a tentare la prima è invernale - commenta Nardi –. È importante ai fini della sicurezza dichiarare i nostri programmi per evitare situazioni improvvisate. L’inverno su un ottomila è duro ed è bello poterlo condividere».