La Regione Lazio ha bocciato lâipotesi di una rideterminazione della durata delle concessioni fino a un massimo di venti anni, in ragione dellâentità e della rilevanza economica delle opere da realizzare. Le richieste, indirizzate anche al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, erano state avanzate da alcuni operatori balneari con lâobiettivo di superare le strettoie della direttiva Bolkestein. La Regione, vista la complessità della normativa, ha ritenuto opportuno richiedere un parere sulla questione allâavvocatura. Il parere, a firma del segretario generale dellâufficio legislativo, Andrea Tardiola, è arrivato e non lascia spazio ad alcuna scappatoia. Rispetto agli investimenti finanziari posti a fondamento della richiesta, scrive il segretario generale citando una sentenza della Corte Costituzionale del 2010, «si segnala che la giurisprudenza sembrerebbe avere consolidato il proprio ordinamento secondo il quale ânon vi è alcun affidamento da tutelare con riguardo alla esigenza di disporre del tempo necessario allâammortamento delle spese sostenute per ottenere la concessione, perché al momento del rilascio della medesima il concessionario già conosceva lâarco temporale sul quale poteva contare per ammortizzare gli investimenti, e su di esso ha potuto fare affidamento».Â
La richiesta di ârideterminazione della durataâ, prosegue Tardiola, «su una concessione già in essere, costituirebbe una proroga a tutti gli effetti». Che rappresenterebbe una violazione della Costituzione, in quanto in «contrasto con i vincoli derivanti» dallâordinamento dellâUnione Europea «in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza». In altre parole, rideterminando la durata delle concessioni «si produrrebbe un rinnovo automatico della stessa in grado di determinare una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione del principio di concorrenza». La giurisprudenza, si aggiunge, «non sembrerebbe nemmeno propensa a sostenere una valutazione caso per caso degli investimenti e anche dellâeventuale livello occupazionale interessato dal sistema», in quanto la tutela della concorrenza e lâadeguamento ai principi comunitari , come sancito dalla Corte Costituzionale sempre nella sentenza del 2010, sono prevalenti ad ogni altro interesse.