C’era un tempo in cui al mercato ci si andava sempre e comunque. Sole, vento e pioggia non faceva differenza. Il giovedì mattina andare tra i banchi del mercato alla ricerca dell’affare era un rituale. Chi per fare spesa, molti soltanto per fare una passeggiata. Ora non è più così. «Questa mattina ho venduto 50 euro di merce e su questi guadagni, se così si possono definire, devo calcolarci tasse, posteggio, operaio e benzina», si è sfogato ieri un ambulante che da anni fa questo lavoro e che, ammette, in una condizione del genere non ci si era mai trovato.
Al mercato del “giovedì” si respira l’atmosfera di una lunga, lenta agonia. I banchi non vengono più presi d’assalto, non si fa la corsa ad arrivare prima per strappare l’offerta migliore. No, il viavai che c’era un tempo oggi si riduce a un lento passeggiare tra gli stand. Il mercato settimanale sta morendo. Scompare lentamente, si sta trasformando. Lo dicono i numeri messi in fila da Gianluca Marrocco, responsabile provinciale del sindacato Anva Confesercenti di Latina.
La presenza di clienti si è dimezzata. Le vendite sono calate del 70, forse 80%. Certo, bisogna metterci il peso di una crisi che ha colpito tutti i settori ma a Terracina la situazione è più drammatica che altrove. Sei licenze sono state riconsegnate, ogni giovedì tra i 10 e i 15 operatori scelgono di restarsene a casa oppure di andare altrove perché la piazza terracinese non è più conveniente. «Meglio stare fermi o andare altrove piuttosto che rimetterci» chiarisce Marrocco. Al posto degli operatori storici subentrano gli spuntisti occasionali, perlopiù extracomunitari con regolari licenze commerciali che pagano una tariffa giornaliera al Comune. Succede così che gli ambulanti storici si fanno da parte e ne subentrano di nuovi. Ma la qualità è la stessa? Secondo Marrocco no. È in atto una mutazione, il mercato sta cambiando pelle e lo standard di offerta rischia di abbassarsi. «In un mercato normale i posti lasciati liberi sono due o tre, non venti come accade qui». Fuori media anche il dato sul calo delle vendite. Un crollo del 30% è strutturale, non l’80%. Gli operatori attribuiscono la colpa al trasferimento del mercato dal tratto centrale di viale Europa, dove si svolgeva prima il “giovedì”, a quello finale della stessa strada, all’ingresso nord sulla Pontina. A quattro anni esatti dallo spostamento dei banchi, il bilancio è nero.
Settore alimentare, non alimentare, abbigliamento: tutti hanno risentito. Più di un mese fa, nel corso di un incontro pubblico con gli operatori, l’assessore al Commercio Gianni Percoco aveva preso degli impegni. Tra le richieste dei commercianti c’era l’ipotesi di espropriare un terreno nei pressi del mercato per destinarlo ad area di sosta. Gli operatori stanno organizzando un’assemblea per discutere delle sorti del “giovedì”. All’ordine del giorno la crisi imboccata dal settore ambulante, la fuga di commercianti storici e iniziative mirate a invogliare i clienti a popolare i banchi. Avanti di questo passo - sostengono i più pessimisti - al mercato rionale, almeno così come lo conosciamo, restano pochi anni di vita. Almeno nei centri più grandi dove catene commerciali low-cost fanno una concorrenza spietata. Altrove, nei piccoli paesi dove il mercato è ancora un fatto sociale prima che commerciale, seppure a fatica, si tira avanti.