Basta andare sul sito del Comune e scrivere la parola “giovani” per capire quanto poco si sia fatto a Terracina per le politiche giovanili negli ultimi 10 anni. L’unico documento che compare è il regolamento della Consulta dei giovani, approvato nel 2011 in Consiglio comunale e messo subito in un cassetto.

Ora l’omicidio di piazza Garibaldi del 26 dicembre scorso riapre una ferita esistente ma ignorata. Basta leggere i fatti di cronaca, tra arresti di giovanissimi pusher, gambizzazioni (da quella del 2011 a Borgo Hermada a quella sul lungomare lo scorso febbraio), risse, sequestri di patenti ed etilometri alle stelle. Eppure il problema sembra non esistere. Gino Bellomo viveva in periferia, a Borgo Hermada, tra i palazzoni delle case popolari: lì aveva il suo gruppo di amici, lì usciva in cerca di svago. Come lui, decine di ragazzi circolano tra il centro e la periferia. Quartieri come Le Capanne, Calcatore, i palazzoni del Borgo rischiano di finire fuori controllo se non si agisce con una politica di integrazione.

È qui che le forze dell’ordine a più mandate hanno denunciato il via vai dello spaccio, le aggressioni, il degrado. Su questo il Comune è assente. Sebbene esista un dipartimento delle politiche giovanili, scolastiche, culturali, nulla viene fatto. Si potrebbe iniziare con la racconta delle informazioni sui giovani. Cosa fanno? Di cosa alimentano il loro immaginario? Quali sono i loro modelli? I dati non mancano: fonti preziose potrebbero essere il Ser.D, servizio per le dipendenze; l’Upe, l’ufficio pene esterne che organizza le attività alternative al carcere; le stesse forze dell’ordine ma anche i servizi sociali, che servono migliaia di famiglie e spesso ne conoscono le storie.

Si tratta di informazioni che slegate non dicono nulla, ma insieme possono costruire scenari su cui poi calibrare interventi. Al centro c’è una questione semplice: l’ascolto, che con il Web è assai più facile di un tempo. Non serve andare in giro come faceva Pasolini. Anche se non sarebbe sbagliato farlo. Di operatori, sul territorio, se ne trovano: associazioni di volontariato, parrocchie, professori e docenti, chiunque potrebbe entrare in un progetto.

Quanto ai soldi, solo per dare una cifra, nel 2013 dalla Regione sono arrivati oltre 1,3 milioni di euro per il Welfare di distretto. Non pochi per ricavarci fondi per un progetto interdistrettuale sui giovani. A Terracina sono quasi tre anni che si deve realizzare un’Officina delle arti e dei mestieri. È innegabile che il problema è la volontà di avviarle, le politiche giovanili. Non è un buon segnale che serva un tragico pestaggio perché si torni a parlare di giovani.

I MODELLI ESISTONO
Dall’esempio di Trento alle direttive UE, tutte le buone pratiche

Le linee guida della UE in materia di gioventù auspicano, per i Paesi membri, la diffusione di ricerche ed informazioni che tendano a favorire lo sviluppo di azioni di politiche giovanili, aumentando la conoscenza di opportunità, reti, best practices. Insomma, serve studiare il contesto prima di agire. Questo dice l’Europa. Una direttiva recepita a pieno, ad esempio, dalla Provincia autonoma di Trento, dove è stato istituito un osservatorio permanente col compito di raccogliere ed elaborare informazioni sulle condizioni dei giovani. Se ne parla attraverso convegni, e si agisce dopo aver avuto una fotografia chiara del problema. In una classifica sull’interesse delle città italiane ai giovani, Trento compare al primo posto. Basterebbe partire da lì.