Si è celebrata nei giorni scorsi, nelle aule del Tribunale civile di Roma, la seconda udienza del processo intentato dalla famiglia di Davide Cervia contro i ministeri della Difesa e della Giustizia, al fine di ottenere la verità sulla scomparsa del loro congiunto, che sparì da Velletri in circostanze alquanto misteriose il 12 settembre 1990.

In particolare, per questo secondo capitolo del processo civile - aperto grazie alla rinuncia, da parte della famiglia Cervia, all’eventuale risarcimento danni da parte dello Stato - il giudice Covelli ha escusso un terzo testimone, ossia il presidente dell’associazione Ana-Vafaf Falco Accame. Il 91enne “leader” del gruppo che tutela le famiglie dei militari caduti in tempo di pace - come ha riportato la figlia di Davide, Erika, nel gruppo Facebook dedicato all’ex sottufficiale della Marina - ha rilasciato «una preziosa testimonianza che ha messo in risalto le anomalie sui fogli matricolari».

Invece, il secondo testimone che avrebbe dovuto essere ascoltato, ossia un membro della marina militare, «non era presente - si legge ancora su Facebook - a causa della mancata ricezione dell’avviso di comparizione».

Di conseguenza, terminata la fonoregistrazione delle dichiarazioni di Accame, il processo è stato aggiornato al prossimo 7 luglio, quando si terrà la terza udienza.

La speranza dei familiari di Davide, ovviamente, è che al termine di questo processo civile si possa arrivare a capire il perché di questo mistero lungo quasi 26 anni, che nel tempo è stato arricchito da eventi dubbi, soffiate, ritrovamenti presunti, notizie diffuse e poi smentite e, infine, fatti di cronaca di un certo rilievo, come fu l’esplosione registrata a Velletri qualche anno fa a ridosso della casa dei Cervia, con danni all’abitazione stessa.