Amava Sabaudia, quel lago, il suo lago e quel III Nucleo Atleti Fiamme Gialle che era molto più che una semplice caserma, era la sua casa, il suo rifugio, un pezzo di vita. La stessa che ce l'ha portato via presto, troppo presto in un giovedì di fine aprile che vorremmo tanto cancellare, pensando e sperando in un brutto incubo e niente più.
Voleva bene a tutti Filippo Mondelli, come noi ne volevamo a lui, perché era prima di tutto un grande uomo e, poi, un campione, umano e vero come pochi. A Plovdiv, tre anni orsono, chiese al cronista di turno del perché fosse così innamorato del canottaggio. Colpa delle Fiamme Gialle, del comandante Bellantuono, dei suoi atleti, di Sabaudia e di quel meraviglioso lago. E anche un po' colpa sua, perché era la forza, la simpatia, il coraggio, fatta a persona. Da ammirare al di là dei successi.
Un brutto male ce l'ha portato via a soli 28 anni e tante, troppo volte, ti chiedi, come ora: perché. Non è giusto, non può essere vero, ma poi le dita corrono veloci lungo i tasti sperando che la notizia sia falsa, come tante ne girano. Un brutto scherzo, insomma, ma non è così. Ieri Filippo Mondelli se n'è andato, lasciando un vuoto incolmabile in chi lo ha conosciuto e lo ha apprezzato. Lui vinceva prima di gareggiare, perché quegli occhi che venivamo amplificati dai suoi occhiali, erano il simbolo di un pensiero gentile, educato, bello e vincente. Come quel quattro di coppia che ha fatto e continuerà a fare la storia nel nome di Filippo Mondelli.