La sua è diventata una vera e propria ossessione: scalare il mitico Nanga Parbat in inverno, passando per una via mai battuta da nessun'altro alpinista. Daniele Nardi, classe 1976 di Sezze, si è guadagnato ormai da anni la ribalta internazionale per le sue imprese ad alta quota e dal 18 dicembre scorso è ripartito alla volta del Pakistan per sfidare, una volta ancora, uno degli "ottomila" più difficili al mondo. La "montagna assassina" è per lo scalatore pontino una battaglia da vincere ad ogni costo. E se nel 2016 l'italiano Simone Moro era stato il primo uomo a farcela in inverno, seguito poi l'anno scorso nella drammatica spedizione di Elizabeth Revol, salva per miracolo, ed il polacco Tomek Mackievicz, che invece è morto nel corso della discesa per freddo e sfinimento, lui vuole farcela passando laddove nessuno è mai riuscito, cercando di aprire un nuovo varco in stile alpinistico in quella parte di montagna che tira dritta fino ai 7000 metri, fin sotto la vetta del Nanga. Un'impresa tentata dall'inglese Mummery, da cui il nome, nel 1895, prima di essere ucciso da una valanga, e poi dallo stesso Nardi, per ben tre volte: nel 2013,raggiungendo con la Revol quota 6450, nel 2015 in solitaria, quando arrivò fino a quota 5950 metri, e infine nel 2016, di nuovo in solitaria, toccando quota 6200 metri. Ora il setino ci sta riprovando a capo di una spedizione formata dall'inglese Ballard (già suo compagno di cordata la scorsa estate sul Link Sar) e da due alpinisti pakistani.
Una scalata difficilissima perché la facciata è composta da un'erta ripida di 1500 metri, fatta di ghiaccio e crepacci, su cui è difficilissimo trovare un varco dove accamparsi per la notte. Dopo un periodo di ambientamento nel campo base (a circa 5300 metri di altitudine), la squadra si è mossa installando i campi 1 - 2 e 3, quest'ultimo a quota 6.300 metri, proprio sotto lo sperone Mummery, dove Nardi ha passato una notte pazzesca tre giorni fa, come descritto nel suo dettagliato racconto affidato a Facebook dopo il rientro a Campo Base: «Il campo 3 non è uno dei migliori che abbia mai piazzato. Si trova all'interno di un crepaccio sul bordo sinistro del canale Mummery, appena a destra della porta di ingresso dello sperone. E' abbastanza protetto rispetto alle slavine che scendono dal canale, ma è anche una specie di ‘buca da golf' per tutta quella neve che vi scivola dentro dalla parete dello sperone. Quando siamo arrivati non ci sembrava vero di trovare uno spazio piano proprio lì, dentro il crepaccio. Spianato il cono di neve che ci intralciava, abbiamo montato la prima delle due tende. Purtroppo il cono di neve, in una notte agitata e nevosa come è stata quella appena trascorsa, si è riformato in poche ore. La nostra tenda è stata sommersa. Rahmat si è alzato di scatto: "Non c'è aria, stiamo soffocando". Sono steso nel sacco a pelo, indosso la tuta in piuma, sono una specie di bruco stretto dentro la sua tana per non disperdere neanche una caloria».
Una sintesi perfetta del tipo di impresa che Daniele Nardi ha in mente di compiere. Una partita estrema contro la montagna mangia-uomini che lo ha proposto alla ribalta nazionale, tanto che anche le Iene, programma di Italia 1, gli ha dedicato giorni fa un servizio registrato prima che partisse. In queste ore Nardi e i suoi compagni stanno aspettando la fine di una tempesta e una nuova finestra di tempo accettabile per continuare a posizionare corde e chiodi ed approdare al campo-4, a quota 6.400 metri, lì dove l'instancabile alpinista pontino aveva dovuto mollare nel 2013 la sua prima sfida al «Mummery».