La notte del 18 giugno 2014, quando per 38' (dal gol iniziale del "Comandante" Bruno, al pareggio del cesenate Defrel) il Latina calcio della signora Cavicchi, di Pasquale Maieta e del tecnico Roberto Breda, è stato in serie A, la punta di un iceberg che in cinque anni e mezzo si è sciolta, invadendo d'acqua il comune capoluogo, orfano ora di quelle eccellenze che lo hanno reso celebre e che avevano soffocato sul nascere i problemi relativi agli impianti.
Oggi i conti dell'oste sono salati e, parafrasando il pranzo di De Sica, Boldi ed Ezio Greggio in quel di Cortina d'Ampezzo in uno dei tanti "cinepanettoni", nessuno sembra più voler mettere mano al portafogli per pagarli.
La messa è finita, andiamo in pace verrebbe da dire. Lo dicono i numeri, le fughe in altre città, stadio e palazzetto vuoti, posizioni di classifica più o meno drammatiche o quantomeo ibride.
Le eccellenze, un lontano ricordo. Con l'aggravante, semmai ce ne fosse bisogno, che gli impianti, ormai al limite della sopportazione strutturale, sono quelli di prima, se non peggio.
La coperta da corta è diventata cortissima. Da buttare, insomma. Al pari di quei sogni, rientrati prontamente nei cassetti chiusi a doppia mandata e con la chiave gettata chissà dove.
Tutta colpa di Antonio Terracciano e Giuseppe D'Apuzzo, piuttosto che del Commendator Benacquista, Gianrio Falivene, Francesco Damiani o di Gianluca La Starza? Pensiamo e crediamo di no, perché come in tutte le cose, la verità sta nel mezzo. Oggi sono una serie infinita di sconfitte, morali e sportive, il comun denominatore del fallimento sportivo.
Oggi il basket è terz'ultimo in classifica in A2 con lo spettro dei play out dietro l'angolo di via dei Mille e il calcio a 5, salvo miracoli, sempre dalle stesse parti strizza l'occhio non solo alla retrocessione in A2, ma anche ad una fine ingloriosa.
Il volley, emigrato a Cisterna, cambiando denominazione, lotta per non retrocedere e la pallanuoto, che ha fatto altrettanto vincendo pure la gara d'appalto per la gestione della piscina comunale di Anzio, fa invece godere il sindaco ex giocatore, Candido De Angelis.
Il 20 giugno del 2016, Damiano Coletta, ex giocatore e capitano del Latina, diventava sindaco della città, portandosi dietro la promessa di far crescere lo sport, anche attraverso nuovi regolamenti, il ripristino delle aeree verdi e, soprattutto, la costruzione di un impianto polivalente, utile a trattenere le eccellenze: morale della favola, 1347 giorni di nulla.
Le tribune dello stadio restano interdette, per il palazzetto il primo cittadino continua a firmare ordinanze, le aeree verdi della Q4 e Q5 sono un qualcosa abbandonato al proprio destino ed il regolamento per gli impianti, un labirinto senza via di uscita.
Latina, insomma, non è più la città delle eccellenze sportive e, con questi chiari di luna, chissà mai se tornerà ad esserlo. Per carità, la bacheca non ha mai ospitato trofei, ma una serie B di calcio, una serie A1 di pallavolo e pallanuoto con tanto di play off scudetto e finali di Coppa Cev, avevano finito per solleticare il palato fine di chi, oggi, rimpiange qui momenti. Il popolo sportivo deluso da una città bloccata dalla presunzione di chi pensa di governarla dietro un muro di omertà.