Estadio "Santiago Bernabeu" di Madrid, 11 luglio del 1982. Al 24' della ripresa, dopo aver eluso l'uscita del portiere Schumacher, Alessandro "Spillo" Altobelli, da Sonnino, deposita in rete il 3-0 dell'Italia nella finale mondiale contro la Germania. L'allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, al fianco del Re Juan Carlos, si alzò in piedi, mostrando a tutto il mondo il dito indice, che andava a destra e sinstra ed un labiale che ancora oggi è storia: "Non ci prendono più".
Dieci anni prima, partendo con l'autobus ogni giorno da Sonnino, "Spillo" iniziò da Latina, grazie all'intuito di Nando Leonardi, la sua rincorsa al grande calcio: «Ricordo quei momenti come se fossero oggi – ci ha spiegato lo stesso Leonardi – Veramente io andai a Sonnino, grazie ad un suggerimento del barbiere Gaspare, conosciutissimo in paese, per prendere Bernardini. Poi mi dissero, guarda che c'è un certo Altobelli, è davvero bravo. Andai a prenderlo alla macelleria Merluzzi, nella parte alta di Sonnino. Mi dovetti intrufolare nella cella frigorifera, lavorava lì dentro. Lo convinsi a venire con me a Latina e, al ritorno, nell'ultimo tornante prima di arrivare a casa sua, entrambi mi fecero fermare e mi dissero: 'Dai, ci prendiamo le centomila lire', cinquanta per ognuno, e firmiamo'. Fu un grande colpo grazie anche alla volontà del presidente di allora, Biagio De Pasquale e al suo vice, il professor Vincenzo Dispensa, che fu quello, se ricordo bene, che gli diede il sopranome di Spillo".
Il presente di Alessandro "Spillo" Altobelli è quello di commentatore televisivo per una televisione del Quatar: «In questo momento, però, sono a Brescia, in uno degli epicentri di questo maledetto Coronavirus. Uno come me non poteva non essere in prima fila? Scherzi a parte, sto bene. Ditemi tutto...».
ll tuo legame con Sonnino è intenso. Quando è stata l'ultima volta che sei tornato al paese?
«Il Capodanno scorso. Ho trascorso l'ultimo dell'anno con mia madre Giovanna, con mio figlio Andrea e con i nipoti. Ogni volta è una grande festa, non c'è bisogno di aspettare Natale o Capodanno. A Sonnino c'è la mia infanzia, i miei amici più cari, la mia vita e sono orgoglioso di essere rimasto legato alle mie origini. Fortunatamente stanno tutti bene ed io sono felice. Sonnino è un paese amministrato molto bene, dove c'è cura e amore per la storia e per le persone».
Il Latina ti ha lanciato nel firmamento del calcio. Cosa ricordi di quella stagione '73-'74?
«A Latina e al Latina dovrò sempre dire grazie. Senza l'intuizione di Nando Leonardi, che mi venne a prendere a Sonnino, magari non avrei fatto quello che ho fatto. Il primo anno giocai nella Juniores e, ricordo, che c'era un professore che mi veniva a vedere e che notandomi così magro e alto, mi diede il soprannome che mi ha sempre identificato: 'Spillo'. La mia vita calcistica è stata contrassegnata dai colori nerazzurri, il Latina e l'Inter sono i miei due grandi amori, le squadre che hanno segnato la mia vita».
Chi ricordi in particolare di quella squadra?
"Un po' tutti, Morano in primis. Stavo sempre con lui, ricordo che mi comprava gli scarpini per giocare. Poi Panzanato, Tampucci, Martinez, Ascagni, Vacca, con il quale mi sento spesso e Cavazzoni. Persone meravigliose: con molti di loro, in particolare con Franco (Morano, ndr) ci troviamo spesso a Sonnino per delle rimpatriate».
Qual'è il giocatore più forte con il quale hai giocato in squadra?
«Senza ombra di dubbio, Evaristo Beccalossi. Faceva cose che soltanto Maradona era in grado di fare. In campo, come nella vita, ci capivamo al volo, Sapevo un istante prima quello che avrebbe fatto e ne approfittavo: un grandissimo».
Tu pensi, come molti, che il calcio possa riportare il sorriso nella gente?
«Lo dico in tutta sincerità: bisognerà tornare a giocare, quando non si correranno più rischi. Il calcio è spettacolo, è gioia per la gente. In questo momento così drammatico, sarebbe un rischio ripartire. Penso non solo a chi va in campo, ma anche a tutti gli addetti ai lavori, alla gente, a chi opera e lavora nel calcio. Aspettiamo e saremo tutti più felici».
Un pensiero per Sonnino e per Latina?
«Sonnino, il mio paese, la mia vita, è amministrato da persone intelligenti e capaci che non stanno lasciando nulla al caso. Il messaggio è quello di una persona che ama Sonnino e che è felice del comportamento dei cittadini. Avanti così, poi faremo una grande festa. Sto pensando ad un mio museo, ho bisogno però della mia maglia di quando giocavo nel Latina e per questo approfitto di voi per lanciare un messaggio: se qualcuno ce l'ha, me la faccia avere».
Se il calcio ripartirà, qual'è la squadra favorita per lo scudetto?
«Questo potrebbe essere l'anno della Lazio, gioca un grande calcio ed è allenata da un ottimo tecnico. La Juventus, però, è sempre la Juventus...».