Immagini in bianco e nero. Magia di una pellicola che ci riporta indietro nel tempo, agli anni settanta, quando dalle parti di Borgo Piave, in quella che era una delle industrie di grido del nostro territorio, la Fulgorcavi, muoveva i primi passi da allenatore un uomo che sarebbe diventato il "mago" delle promozioni dalla B alla A e non solo: Eugenio Fascetti.
Oggi, ad ottantadue anni (li compirà il prossimo 23 ottobre), si gode la "sua" Lido di Camaiore e... «in questo momento, se proprio lo volete sapere, leggo e conto le margherite in giardino. Altro, purtroppo, non si può fare».
Torniamo indietro nel tempo. Agli anni settanta, a Latina, alla Fulgorcavi che Fascetti allenò portandola dall'anonimato alla serie D.
«Anni meravigliosi, indimenticabili, una ‘palestra' di vita calcistica e non solo, anche perchè segnò il mio passaggio da giocatore ad allenatore. Ho ancora tanti amici lì, vecchi compagni di sfide a tennis (amava giocare con Rossi e Piero Carboni al Tc Latina, ndr)».
E i derby con il Latina di Lojacono prima e Leonardi dopo?
Meravigliosi. Lo stadio, il Comunale, era sempre gremito di gente. Accadeva ogni settimana, perché i tifosi di Latina amavano venire a vedere anche la Fulgorcavi».
Poi il Supercorso a Coverciano e il primo "miracolo" chiamato Varese. Quella stagione ‘81-‘82 ancora grida vendetta.
«Giocavamo un grandissimo calcio. Con Vincenzo D'Amico, più volte, abbiamo ricordato quell'incredibile Lazio-Varese terminato 3-2 (6 giugno 1982, penultima di campionato, ndr) che ci tolse da sotto le mani la promozione. Eravamo andati in vantaggio 2-0, poi tre gol di Vincenzo, due su rigore ed uno su punizione: mah...».
Promozione, la prima delle cinque, che arrivò nella stagione ‘84-‘85 con il Lecce.
«Un'altra città meravigliosa dove ho avuto la fortuna di allenare. Per il Lecce fu la prima volta in serie A, una gioia immensa».
Il vero miracolo, però, si consumò a Roma, sponda Lazio, nella stagione ‘86-‘87, quando Fascetti centrò una storica salvezza in B agli spareggi di Napoli dopo essere partito da -9, prima di riportare i biancocelesti in A la stagione seguente.
«Ricordi indelebili, perché quelli di Roma con la Lazio furono due anni difficili, ma al tempo stesso bellissimi. Riuscimmo a creare un grande gruppo, con giocatori di assoluto valore morale e tecnico. Non sarebbe giusto parlare dei singoli, però consentitemi di ricordare Giuliano Fiorini. Un trascinatore dentro e fuori dal campo».
Lecce, Lazio, ma anche Torino, Verona e Bari.
«La stagione a Torino è stata una passeggiata di salute, a Verona abbiamo vinto senza soldi in tasca, Bari ha significato e continua a significare tanto per me».
Vogliamo parlare di Cassano e del 18 dicembre del 1999?
«Un fenomeno che purtroppo ha espresso soltanto il 60% del suo immenso potenziale: un fuoriclasse. Quel gol all'Inter lo ricordo come se fosse ieri».
Magari se fosse rimasto con Fascetti...
«Sarebbe stata durissima per lui. Il Bari, però, non poteva trattenerlo ed ha fatto bene a cederlo».
Il calcio di oggi?
«Lo guardo, perché sono ancora un malato di questo sport, ma rispetto a prima è cambiato molto. Oggi è più fisico e tattico, meno bello rispetto ai miei tempi».
E' giusto ripartire?
«Direi proprio di sì, ma con molta attenzione».
Chi vincerà lo scudetto?
«Tranne la Juventus, ogni squadra mi sta bene. Lazio e Inter sono lì del resto».
La Lazio di Inzaghi?
«Gioca un gran calcio, perché ha capito l'importanza di sapersi difendere e ripartire in contropiede, un'arma letale per Inzaghi, che stimo».
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