Un consiglio: leggere le poesie della silloge "A raccolle i' vénto" più volte per comprenderne appieno il messaggio. E non perché non si fa capire l'autore, ma perché sono scritte in dialetto setino. O meglio, come sottolinea Chiara Mancini nella presentazione del libro, "in una sorta di mistilinguismo scelto perché ritenuto più accessibile del dialetto puro". A sostenerlo nell'introduzione è anche lo stesso autore, Franco Abbenda: "L'idea di scrittura è stata quella di favorire lo scorrere generale della lettura, a volte italianizzando i termini e lasciando comunque ai lettori anche il gusto di riconoscere le parole, ripensarle e personalizzarle nella pronuncia". Il libro verrà presentato sabato prossimo, alle 17.30, presso l'Auditorium "San Michele Arcangelo" di Sezze. Tornando al dialetto, da precisare che Abbenda non ha fatto altro che registare l'evoluzione che lo stesso ha subito in tutti questi anni. A Sezze non si parla più come una volta. E se in passato i suoi fonemi tra Sezze Centro e le sue campagne di Suso, erano diversi, ora si sono uniformati. Insomma, questo libro documenta l'avvenuto cambiamento linguistico locale. È suddiviso in sei sezioni: "Io e…", "Ricordi di famiglia", "Paese mio", "Politica e dintorni", "Santi e religione" e "Altri ricordi". Ogni sezione si apre con le strofe di alcune delle più famose canzoni di De Andrè, Guccini, De Gregori e Vecchioni. Una scelta, questa, fatta da Abbenda solo per ricordare la sua passione verso la musica cantautoriale, non ha nulla a che vedere con la sua poetica. Tutti i dialetti, non solo quello setino, sono pieni di metafore e le metafore sono poesia, come sosteneva Gilbert Keith Chesterton, scrittore e aforista britannico. La poesia dialettale ha più ritmo e forza ed è anche spregiudicata. Molto armoniche e vigorose, alcune anche "sfacciate", sono le poesie delle sezioni "Ricordi di famiglia" e "Paese mio", meno quelle della sezione "Politica e dintorni". In quest'ultime, così come in altre, prevale la ponderatezza.