Giudiziaria
22.10.2024 - 12:00
«Mi era caduto un lavandino in testa, ero andata in coma e ho perso la memoria». E’ un frammento della breve e confusa testimonianza di Adele Coluzzi la madre di Luigi D’Atino, imputato per aver ucciso il compagno della donna e di aver tentato di uccidere anche la madre. «Quel giorno non ero casa, ero in ospedale», ha ripetuto la donna che figura come testimone. E’ stata la deposizione più significativa nel penultimo atto del processo per l’omicidio di Germano Riccioni dove sono stati ascoltati diversi testimoni. L’imputato aveva ucciso la vittima prima con un’anfora e poi con un tubo di metallo e aveva colpito la madre scampata miracolosamente all’aggressione. Luigi D’Atino, era stato arrestato subito dopo dai Carabinieri. La donna non ricordava niente di quei momenti drammatici a causa del suo quadro psichico delicato. Tra i testimoni della pubblica accusa - rappresentata dal pm Giuseppe Bontempo - hanno deposto: lo zio dell’imputato e la sorella della donna che hanno tratteggiato un quadro familiare difficile. Sia alla donna che al marito di lei, furono tolti i figli piccoli, la coppia aveva infatti problemi con la droga. E’ emerso che la sorella di Luigi D’Atino era sta adottata da un’altra famiglia mentre l’imputato è cresciuto con il nonno a cui era stato affidato. Quando è morto è finito in una casa famiglia di Latina dove è stato per un periodo di tempo fino a quando non è tornato a Priverno dove ha vissuto in un immobile. E’ emerso dal racconto un clima teso e le discussioni sempre più frequenti tra D’Atino e lo zio.
Il processo riprende il 2 dicembre quando sarà ascoltato un testimone dell’accusa e poi è previsto l’esame dell’imputato. D’Atino è assistito dagli avvocati Gianmarco Conca e Manfredo Fiormonti, i genitori e i fratelli della vittima si sono costituiti parte civile e sono rappresentati dall’avvocato Maria Teresa Ciotti. Si sono costituite parte civile anche la moglie di Ricciotti da cui l’uomo si era separato da diversi anni e la figlia, rappresentate dall’avvocato Cesarina Gandolfi.
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