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Storie pontine

Renzo Di Falco, dalla radio locale a Rds tra serie tv e doppiaggi

Lo speaker, conduttore e doppiatore racconta il legame con la sua città natale

Renzo Di Falco, dalla radio locale a Rds tra serie tv e doppiaggi

Renzo Di Falco, speaker di RDS

Renzo Di Falco è uno dei volti e delle voci più riconoscibili della radio italiana contemporanea. Speaker radiofonico, conduttore televisivo, doppiatore e appassionato narratore seriale, ha costruito una carriera solida partendo dalle radio locali fino ad affermarsi su emittenti nazionali come RDS – 100% Grandi Successi.


Originario di Latina, Di Falco ha nel tempo raffinato il suo stile: ironico, attento alla cultura pop, amante delle serie Tv tanto quanto della musica, capace di trasformare la propria naturale curiosità in un ponte tra pubblico e contenuti. Nel suo palinsesto, la radio non è solo suono: è racconto, è spazio di scoperta, di intrattenimento ma anche di riflessione.
Dal format televisivo “Il Serialista”, che miscela cultura seriale e interazione con il pubblico, fino ai social dove Renzo non si limita a parlare ma ascolta, si confronta, condivide spunti e passioni.

Renzo, partiamo da Latina. Qui sei cresciuto, che ricordi hai?
«Non so se la Latina che ricordo sia alterata appunto dalla nostalgia, ma rammento una città viva, vivace. Un centro cittadino pieno di gente, intensa, con una vita sociale più vivida. Oggi ahimè la vedo più intristita. Non voglio fare polemiche, ma è una constatazione».

Come è nata la passione per la radio?
«Credo sia qualcosa che cova in me fin dalla tenera ewetà. Da bambino mi feci regalare il registratore, il canta Tu. Ma invece di cantare le canzoni, registravo la mia voce che elencava le classifiche radiofoniche. Poi ho sempre avuto la curiosità e la passione per la comunicazione e il mondo dello spettacolo».

Il momento in cui la passione è diventata qualcosa di più?
«Io ascoltavo sempre Radio Luna e sono cresciuto con le voci di Foderaro, Allocca, Gasbarroni, Brocani. Con Tiziano Ferro. Lui conduceva la rubrica Dillo alla Luna, che raccoglieva le richieste degli ascoltatori. Io ero uno dei più assidui, chiamavo e chiedevo la canzone da ascoltare. E mi emozionavo a risentire la mia voce in radio. Un giorno chiamano i più assidui ascoltatori e io ero tra questi e sono andato lì in radio, dove per la prima volta ho conosciuto Tiziano. Il quale mi ha dato parecchi importanti, consigli. Da lì, avevo 16-17 anni, mi hanno preso a fare Luna Scuola, in sostanza riportavo notizie e curiosità dal liceo e dal mondo della scuola in generale. Passo dopo passo sono diventato speaker e poi ho preso il posto di Tiziano Ferro quando lui ha spiccato il volo come cantante».

Hai vissuto il momento cruciale della carriera di Tiziano.
«Sì. Diciamo che il successo di Xdono e poi Sere nere eccetera lo ha lanciato nella musica italiana. È stato emozionante pensare che presentavo il programma radiofonico al suo posto e mettevo le sue canzoni».

Quando c’è stato il passaggio a RDS?
«È stato un po’ particolare. Nel 2004 il gruppo Rds fa un contest per scegliere speaker emergenti. Partecipo ma arrivato alla selezione ci saranno stati tipo 200 candidati. Un po’ mi spavento e mi dico: va beh, sto qui, proviamoci. Senza crederci minimamente vinco e vado su Dimensione Suono Roma come speaker. Poi dal 2011 sono passato a RDS».

Ti ricordi la prima canzone che hai annunciato in radio?
«I Don't Want to Miss a Thing» degli Aerosmith. Era la colonna sonora del film Armageddon.

Com’è cambiata la radio in questi anni?
«Guarda sono sincero: si è purtroppo perso il concetto di gavetta, di esperienza. Oggi monti network mandano in onda o affidano programmi a influencer o personaggi che con la radio c’entrano poco o niente. Perché l’importante è fare volume col traffico,i social eccetera. Sta passando il messaggio “hai tanti follower, ti metto il microfono davanti”. In questo modo sembra che le capacità siano meno utili, viene mortificato il sacrificio».

Il mezzo è comunque sopravvissuto anche all’avvento di internet, dei social. Quanto è diverso il modo di fare radio?
«La radio a mio avviso è il mezzo perfetto per adattarsi ai cambiamenti. Se ci pensiamo bene nessuno di noi ha più la radio in casa, intesa come elettrodomestico diciamo. Però la radio è tutta intorno a noi. La ascoltiamo in tv, sui diffusori, sul telefono, in auto. In un mondo sempre più fluido, la radio si è fatta a sua volta fluida, rimanendo presente. La radio fa compagnia e le persone ne hanno bisogno».

Qual è la cosa più bella del tuo lavoro?
«Di certo il contatto col pubblico e la conoscenza degli ascoltatori. Poi ho avuto la possibilità e la fortuna di incontrare numerosi personaggi, artisti, non solo cantanti ma anche attori o registi».

L’altra tua passione sono le serie tv. Ricordiamo il programma Serialista su Fox
«Sì è stata una bella esperienza nata quasi casualmente grazie ad alcuni amici. Attraverso Youtube mandiamo in onda un programma di 4-5 minuti che analizzava appunto alcune delle serie televisive in onda. Ha funzionato, avevamo molte visualizzazioni. Fox tv, allora nel bouquet di Sky, ci propone di fare la stessa cosa concentrata sulle serie televisive da loro prodotte. Così il Serialista finisce in tv. L’esperienza poi si conclude quando Fox viene acquisita da Disney+ che toglie i canali e porta tutto on demand. Diciamo però che la passione per le serie tv mi è rimasta eccome».

Quali serie televisive consiglieresti ai nostri lettori?
«Oddio, è difficile. Diciamo che ultimamente mi sono piaciute in modo particolare due produzioni di Apple Tv +. Una è Scissione, l’altra è The Studio. Sono due serie molto belle e originali. Direi che consiglio queste».

Se non fossi diventato speaker radiofonico, cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita?
«Forse sarei diventato giornalista, di sicuro avrei lavorato nel mondo della comunicazione perché è questo che mi affascina e appassiona».

Come ti vedi tra una decina d’anni.
«Sicuramente mi piacerebbe continuare a fare quello che faccio e magari sperimentare nuovamente la televisione con un programma mio. Chissà con non arrivi l’opportunità. Del resto la radio è una grande palestra di formazione, fa crescere».

Come è nata invece la tua passione per le serie tv?
«Fin da piccolo guardavo molta televisione, tanti telefilm (non si chiamavano ancora serie tv) ed ho cominciato ad appassionarmi al doppiaggio da cui ero molto incuriosito. Diventare “serialista” è stata una evoluzione naturale e “Lost” ha rappresentato un vero spartiacque: da lì lo standard qualitativo di quei prodotti si è avvicinato a quello cinematografico, a volte senza davvero invidiare nulla al grande schermo».

Oltre a fare lo speaker fai anche doppiaggio. Un settore un po’ in ombra rispetto al passato.
«Mi rendo conto che tanti ragazzi, i più giovani delle varie generazioni Z e Alpha, non sfruttano il doppiaggio ma preferiscono guardare film e serie in lingua originale perché masticano meglio l'inglese e perché non sono stati abituati. Eppure si tratta di una specializzazione della recitazione di cui l'Italia rappresenta una eccellenza. Ma al di là dell'AI e di ciò che succederà con la tecnologia, credo che ci sarà sempre spazio per un doppiaggio fatto bene, che aiuta a comprendere meglio la storia e a volte migliora la recitazione “da cani” di alcuni attori stranieri».

C’è qualche nuovo progetto a cui stai lavorando?
«Ce ne sono vari, alcuni che riguardano eventi e iniziative legate al mondo del cinema che presenterò nel corso delle prossime settimane, ma quello a cui tengo di più è una cosa molto ambiziosa che mette insieme le mie passioni (radio, serie tv, musica) combinandole con ospiti che le condividono. Ci sto lavorando e non voglio dire altro perchè ho imparato che quando condivido il mio entusiasmo su cose nuove prima del tempo mi porto sfiga da solo. Diciamo che sono diventato scaramantico per forza».

Latina viaggia verso il suo Centenario. Che regalo faresti alla città?
«Latina ha un potenziale enorme. Io sono fortemente legato alla mia città e credo che meriti molto di più e molto di meglio di quello che la cronaca quotidianamente racconta. Auguro che riesca a far valorizzare le risorse che ha e che chi la abita non la denigri o se ne vergogni o minimizzi o riduca sempre tutto ai soliti stereotipi. Mi piacerebbe che finalmente Latina potesse avere vocazione di città turistica con una identità e con un mare dignitoso, che fosse viva culturalmente e commercialmente, curata e decorosa».

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