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Riforma della Giustizia, arriva il Comitato per il Sì al Referendum

Costituito dall'Unione delle Camere Penali che ha realizzato anche un decalogo in favore della Riforma

Riforma della Giustizia, arriva il Comitato per il Sì al Referendum

È stato presentato oggi, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta presso la sede dell’Unione delle Camere Penali Italiane, il Comitato per il Sì al referendum sulla separazione delle carriere nella magistratura, promosso dall’UCPI per sostenere una riforma definita “storica” e “attesa da oltre trent’anni”, volta a garantire una giustizia realmente imparziale, autonoma e rispettosa delle libertà dei cittadini. Il Comitato “Camere Penali per il Sì” – il cui simbolo si presenta su fondo blu con la scritta “Vota Sì, è giusto” – nasce con l’obiettivo di promuovere, in vista del referendum costituzionale, una campagna di informazione pubblica sulle ragioni del Sì: una riforma che non indebolisce l’autonomia del Pubblico Ministero, ma rafforza il Giudice, restituendo equilibrio, fiducia e credibilità alla giustizia nel suo complesso.

“Siamo pronti al confronto con l’ANM e con chiunque sostenga le ragioni del No – ha dichiarato Francesco Petrelli, presidente del comitato referendario e dell’Unione delle Camere Penali Italiane –. Difendere il No significa difendere lo status quo, un sistema che ha smarrito equilibrio e perso la fiducia dei cittadini. Noi auspichiamo una riforma di civiltà: perché chi giudica deve essere distinto chi da accusa e da chi difende. È un principio elementare, che dovrebbe essere condiviso da tutti”.

“Con il sorteggio al CSM – ha aggiunto Rinaldo Romanelli, segretario UCPI – vogliamo una magistratura finalmente libera dal correntismo e lontana dalla politica. Chi oggi si oppone vuole mantenere un sistema che si fonda su logiche di appartenenza piuttosto che sul merito, e che in questi anni ha drammaticamente dimostrato i suoi effetti disastrosi. Questa riforma avrà benefici per tutti i cittadini”.

“Nel 2017 siamo scesi nelle piazze e nelle strade e abbiamo raccolto oltre 72mila firme di cittadini per promuovere la separazione delle carriere, una riforma allora accantonata perché osteggiata da parte della magistratura. Oggi, grazie a quell’impegno, siamo riusciti a riportare questo tema al centro dell’agenda politica e civile del Paese. Ritorneremo nelle piazze e nelle strade per informare i cittadini sulle ragioni di una riforma che è nel loro interesse”, ha concluso Beniamino Migliucci, presidente della Fondazione dell’Unione delle Camere Penali.

La Presidenza onoraria del Comitato è stata affidata alla riconosciuta autorevolezza e alle indiscusse competenze dell’Avvocato e Professore Tullio Padovani, accademico dei Lincei, da sempre convinto della necessità della separazione delle carriere per l’effettiva attuazione del giusto processo.

Durante la conferenza è stato presentato anche il simbolo del Comitato e il “Decalogo del Sì”, che sintetizza le dieci ragioni della riforma. Il documento richiama i principi di una giustizia libera, terza e credibile, fondata sull’indipendenza del giudice, sulla distinzione dei ruoli e sulla trasparenza delle istituzioni. Un manifesto civile che ribadisce come la separazione delle carriere non divida, ma rafforzi la giustizia, restituendo equilibrio e fiducia ai cittadini.

Al Comitato hanno già aderito numerose realtà del mondo del diritto, della cultura e della società civile, tra cui l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, l’Unione Nazionale delle Camere Civili, Nessuno tocchi Caino, la Fondazione Enzo Tortora, i Radicali Italiani, Extrema Ratio, Italiastatodidiritto, Rete Forense, Europa Radicale e altre associazioni che nelle prossime settimane ufficializzeranno la propria partecipazione alla campagna referendaria.

Il Comitato Camere Penali per il Sì avvierà nei prossimi giorni una serie di iniziative pubbliche, incontri e campagne di informazione sul territorio per promuovere una riforma che mira a una giustizia più giusta, trasparente autorevole nell’interesse dei cittadini.

Dieci buone ragioni per dire SÌ alla separazione delle carriere e per una giustizia più giusta, terza e credibile

  1. Un giudice terzo è la prima garanzia di libertà

Perché senza un giudice terzo non ci può essere il necessario riequilibrio del potere del Pubblico Ministero.

Il giudice deve essere libero da ogni vincolo e da ogni influenza, distinto da chi esercita l’accusa. È un principio costituzionale e una condizione essenziale di libertà per tutti. La separazione delle carriere rafforza la figura del giudice e restituisce fiducia, equilibrio e credibilità alla giustizia.

  1. Ruoli diversi, stesse garanzie

Due carriere diverse, una sola giustizia al servizio delle persone.

Oggi giudici e pubblici ministeri appartengono alla stessa organizzazione, si valutano tra loro, condividono carriera e organo di governo. La riforma li distingue, rendendoli autonomi e complementari, e riportando chiarezza nel sistema. È così che la giustizia si declina in uno Stato di diritto democratico e liberale.

  1. Per un processo davvero equo, ad armi pari

Solo la parità delle parti garantisce i diritti di tutti.

Nel giusto processo accusa e difesa devono confrontarsi in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e imparziale. Solo così la verità nasce dal confronto e non dall’autorità. Separare le carriere significa dare piena attuazione ai principi costituzionali del processo accusatorio e restituire ai cittadini la certezza di un giudizio fondato solo sulle prove e garantito da un giudice distante allo stesso modo da chi accusa e da chi difende.

  1. Come in tutte le democrazie liberali

L’Europa separa i ruoli, l’Italia deve colmare il ritardo.

In tutte le democrazie consolidate in Europa e nel mondo giudici e pubblici ministeri dipendono da organizzazioni distinte. L’Italia, che rappresenta oggi un’anomalia assoluta, deve finalmente allinearsi ai modelli liberali ed evoluti, non per imitazione, ma per coerenza con la propria Costituzione e con il principio di separazione dei poteri.

  1. Una giustizia che fa paura non è giusta

Chi crede nello Stato deve poter credere anche nella sua giustizia.

Quando i ruoli si confondono, la fiducia si incrina. Una giustizia che intimorisce o si chiude in se stessa smette di essere credibile. Separare le carriere significa renderla più trasparente, più vicina a chi chiede tutela e protezione. Perché la fiducia è la prima forma di giustizia, e la giustizia credibile è la base della democrazia.

  1. Separare per difendere autonomia e indipendenza del giudice

L’autonomia si protegge distinguendo i ruoli, non confondendoli.

Separare assicura l’autonomia del giudice rispetto al pubblico ministero e aiuta a difendere l’indipendenza della magistratura da ogni condizionamento politico, ideologico o corporativo, rafforzando la sua funzione di garanzia. Una magistratura libera è una giustizia più forte: al servizio della verità e dei diritti, non del potere.

  1. Sorteggio dei componenti del CSM: più trasparenza e meno correntismo

La giustizia deve rispondere ai cittadini, non ai gruppi di potere.

Con il sorteggio dei componenti dei due CSM verranno superate le logiche del correntismo che condizionano nomine e carriere, facendo prevalere l’appartenenza sul merito e sulle competenze. Il CSM tornerà così organo di garanzia, come previsto dalla Costituzione, e non strumento di potere interno, capace di condizionare gli stessi magistrati che dovrebbe tutelare.

  1. Il Presidente della Repubblica, garante dell’equilibrio e dell’unità della giustizia

Il Capo dello Stato resta il custode della Costituzione e della libertà dei cittadini.

La riforma valorizza il suo ruolo di garanzia: il Presidente continuerà a presiedere entrambi i Consigli Superiori, assicurando coerenza e indipendenza per la magistratura. È il segno più alto di un equilibrio istituzionale che unisce, non divide: una giustizia ordinata e fedele ai principi della Repubblica e di uno Stato liberale.

  1. Un’Alta Corte per una giustizia che risponde a tutti

La giustizia deve essere trasparente nei confronti dei cittadini, non rendere conto solo a se stessa.

Chi amministra la giustizia deve rispettarne le regole come ogni cittadino. L’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, autonoma e indipendente dai Consigli Superiori, i cui componenti saranno selezionati per sorteggio e in parte nominati dal Presidente della Repubblica, garantirà finalmente che le responsabilità dei magistrati siano valutate con terzietà e trasparenza. La credibilità nasce anche dalla responsabilità: nessuno è al di sopra della legge, tantomeno chi la applica.

  1. Una battaglia di libertà, non di potere

È la riforma di chi crede nella Costituzione e nella giustizia come servizio ai cittadini.

È la storica battaglia trentennale dell’Unione delle Camere Penali Italiane: non contro qualcuno, ma per tutti. Perché separare le carriere non è uno slogan, ma un atto di civiltà. Dire SÌ significa, restituire credibilità e autorevolezza alla magistratura, avere un processo più giusto e una giustizia più trasparente nell’interesse di tutti i cittadini.

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