Il fatto
05.11.2025 - 13:45
È stato presentato oggi, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta presso la sede dell’Unione delle Camere Penali Italiane, il Comitato per il Sì al referendum sulla separazione delle carriere nella magistratura, promosso dall’UCPI per sostenere una riforma definita “storica” e “attesa da oltre trent’anni”, volta a garantire una giustizia realmente imparziale, autonoma e rispettosa delle libertà dei cittadini. Il Comitato “Camere Penali per il Sì” – il cui simbolo si presenta su fondo blu con la scritta “Vota Sì, è giusto” – nasce con l’obiettivo di promuovere, in vista del referendum costituzionale, una campagna di informazione pubblica sulle ragioni del Sì: una riforma che non indebolisce l’autonomia del Pubblico Ministero, ma rafforza il Giudice, restituendo equilibrio, fiducia e credibilità alla giustizia nel suo complesso.
“Siamo pronti al confronto con l’ANM e con chiunque sostenga le ragioni del No – ha dichiarato Francesco Petrelli, presidente del comitato referendario e dell’Unione delle Camere Penali Italiane –. Difendere il No significa difendere lo status quo, un sistema che ha smarrito equilibrio e perso la fiducia dei cittadini. Noi auspichiamo una riforma di civiltà: perché chi giudica deve essere distinto chi da accusa e da chi difende. È un principio elementare, che dovrebbe essere condiviso da tutti”.
“Con il sorteggio al CSM – ha aggiunto Rinaldo Romanelli, segretario UCPI – vogliamo una magistratura finalmente libera dal correntismo e lontana dalla politica. Chi oggi si oppone vuole mantenere un sistema che si fonda su logiche di appartenenza piuttosto che sul merito, e che in questi anni ha drammaticamente dimostrato i suoi effetti disastrosi. Questa riforma avrà benefici per tutti i cittadini”.
“Nel 2017 siamo scesi nelle piazze e nelle strade e abbiamo raccolto oltre 72mila firme di cittadini per promuovere la separazione delle carriere, una riforma allora accantonata perché osteggiata da parte della magistratura. Oggi, grazie a quell’impegno, siamo riusciti a riportare questo tema al centro dell’agenda politica e civile del Paese. Ritorneremo nelle piazze e nelle strade per informare i cittadini sulle ragioni di una riforma che è nel loro interesse”, ha concluso Beniamino Migliucci, presidente della Fondazione dell’Unione delle Camere Penali.
La Presidenza onoraria del Comitato è stata affidata alla riconosciuta autorevolezza e alle indiscusse competenze dell’Avvocato e Professore Tullio Padovani, accademico dei Lincei, da sempre convinto della necessità della separazione delle carriere per l’effettiva attuazione del giusto processo.
Durante la conferenza è stato presentato anche il simbolo del Comitato e il “Decalogo del Sì”, che sintetizza le dieci ragioni della riforma. Il documento richiama i principi di una giustizia libera, terza e credibile, fondata sull’indipendenza del giudice, sulla distinzione dei ruoli e sulla trasparenza delle istituzioni. Un manifesto civile che ribadisce come la separazione delle carriere non divida, ma rafforzi la giustizia, restituendo equilibrio e fiducia ai cittadini.
Al Comitato hanno già aderito numerose realtà del mondo del diritto, della cultura e della società civile, tra cui l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, l’Unione Nazionale delle Camere Civili, Nessuno tocchi Caino, la Fondazione Enzo Tortora, i Radicali Italiani, Extrema Ratio, Italiastatodidiritto, Rete Forense, Europa Radicale e altre associazioni che nelle prossime settimane ufficializzeranno la propria partecipazione alla campagna referendaria.
Il Comitato Camere Penali per il Sì avvierà nei prossimi giorni una serie di iniziative pubbliche, incontri e campagne di informazione sul territorio per promuovere una riforma che mira a una giustizia più giusta, trasparente autorevole nell’interesse dei cittadini.

Dieci buone ragioni per dire SÌ alla separazione delle carriere e per una giustizia più giusta, terza e credibile
Un giudice terzo è la prima garanzia di libertà
Perché senza un giudice terzo non ci può essere il necessario riequilibrio del potere del Pubblico Ministero.
Il giudice deve essere libero da ogni vincolo e da ogni influenza, distinto da chi esercita l’accusa. È un principio costituzionale e una condizione essenziale di libertà per tutti. La separazione delle carriere rafforza la figura del giudice e restituisce fiducia, equilibrio e credibilità alla giustizia.
Ruoli diversi, stesse garanzie
Due carriere diverse, una sola giustizia al servizio delle persone.
Oggi giudici e pubblici ministeri appartengono alla stessa organizzazione, si valutano tra loro, condividono carriera e organo di governo. La riforma li distingue, rendendoli autonomi e complementari, e riportando chiarezza nel sistema. È così che la giustizia si declina in uno Stato di diritto democratico e liberale.
Per un processo davvero equo, ad armi pari
Solo la parità delle parti garantisce i diritti di tutti.
Nel giusto processo accusa e difesa devono confrontarsi in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e imparziale. Solo così la verità nasce dal confronto e non dall’autorità. Separare le carriere significa dare piena attuazione ai principi costituzionali del processo accusatorio e restituire ai cittadini la certezza di un giudizio fondato solo sulle prove e garantito da un giudice distante allo stesso modo da chi accusa e da chi difende.
Come in tutte le democrazie liberali
L’Europa separa i ruoli, l’Italia deve colmare il ritardo.
In tutte le democrazie consolidate in Europa e nel mondo giudici e pubblici ministeri dipendono da organizzazioni distinte. L’Italia, che rappresenta oggi un’anomalia assoluta, deve finalmente allinearsi ai modelli liberali ed evoluti, non per imitazione, ma per coerenza con la propria Costituzione e con il principio di separazione dei poteri.
Una giustizia che fa paura non è giusta
Chi crede nello Stato deve poter credere anche nella sua giustizia.
Quando i ruoli si confondono, la fiducia si incrina. Una giustizia che intimorisce o si chiude in se stessa smette di essere credibile. Separare le carriere significa renderla più trasparente, più vicina a chi chiede tutela e protezione. Perché la fiducia è la prima forma di giustizia, e la giustizia credibile è la base della democrazia.
Separare per difendere autonomia e indipendenza del giudice
L’autonomia si protegge distinguendo i ruoli, non confondendoli.
Separare assicura l’autonomia del giudice rispetto al pubblico ministero e aiuta a difendere l’indipendenza della magistratura da ogni condizionamento politico, ideologico o corporativo, rafforzando la sua funzione di garanzia. Una magistratura libera è una giustizia più forte: al servizio della verità e dei diritti, non del potere.
Sorteggio dei componenti del CSM: più trasparenza e meno correntismo
La giustizia deve rispondere ai cittadini, non ai gruppi di potere.
Con il sorteggio dei componenti dei due CSM verranno superate le logiche del correntismo che condizionano nomine e carriere, facendo prevalere l’appartenenza sul merito e sulle competenze. Il CSM tornerà così organo di garanzia, come previsto dalla Costituzione, e non strumento di potere interno, capace di condizionare gli stessi magistrati che dovrebbe tutelare.
Il Presidente della Repubblica, garante dell’equilibrio e dell’unità della giustizia
Il Capo dello Stato resta il custode della Costituzione e della libertà dei cittadini.
La riforma valorizza il suo ruolo di garanzia: il Presidente continuerà a presiedere entrambi i Consigli Superiori, assicurando coerenza e indipendenza per la magistratura. È il segno più alto di un equilibrio istituzionale che unisce, non divide: una giustizia ordinata e fedele ai principi della Repubblica e di uno Stato liberale.
Un’Alta Corte per una giustizia che risponde a tutti
La giustizia deve essere trasparente nei confronti dei cittadini, non rendere conto solo a se stessa.
Chi amministra la giustizia deve rispettarne le regole come ogni cittadino. L’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, autonoma e indipendente dai Consigli Superiori, i cui componenti saranno selezionati per sorteggio e in parte nominati dal Presidente della Repubblica, garantirà finalmente che le responsabilità dei magistrati siano valutate con terzietà e trasparenza. La credibilità nasce anche dalla responsabilità: nessuno è al di sopra della legge, tantomeno chi la applica.
Una battaglia di libertà, non di potere
È la riforma di chi crede nella Costituzione e nella giustizia come servizio ai cittadini.
È la storica battaglia trentennale dell’Unione delle Camere Penali Italiane: non contro qualcuno, ma per tutti. Perché separare le carriere non è uno slogan, ma un atto di civiltà. Dire SÌ significa, restituire credibilità e autorevolezza alla magistratura, avere un processo più giusto e una giustizia più trasparente nell’interesse di tutti i cittadini.
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