Cerca

Il messaggio

Il «richiamo» della Chiesa: Natale non è consumismo

Lettera di auguri di monsignor Vari sul significato più autentico della festa

Coronavirus, niente Messe anche nella chiese della diocesi di Gaeta

Monsignor Luigi Vari

Una festa non solo commerciale, di luci e regali ma qualcosa di altro e di più intimo che ciascuno sente e vive con le proprie emozioni.
Ne parla l’arcivescovo di Gaeta, monsignor Luigi Vari nel sentito messaggio augurale rivolto alla comunità della diocesi, alle parrocchie, alle famiglie.
Un messaggio per credenti e non e, al fondo, un atto di accusa alla mercificazione di una festa che reca un messaggio profondo di semplicità e valori non commerciabili, quasi un paradosso se si guarda a ciò che è diventata.
«C’è l’attesa, condita di tanti piccoli momenti: intimi, pieni di preparazioni, di riti, di atmosfere, di calore. Ognuno di noi può dire di associare al Natale un odore, una sensazione. Ognuno di noi può raccontare che si sente nell’aria qualcosa di diverso e di straordinario. A Natale sembra brutto non salutare nessuno, lasciare solo qualcuno, non fare nemmeno una chiamata. Senza attesa non c’è gioia. - scrive monsignor Luigi Vari - Ora la dilatazione commerciale delle feste, che durano da ottobre a febbraio, ha tolto l’attesa che la Chiesa custodisce con tempi precisi: l’Avvento e i giorni della Novena, che scandiscono il tempo dell’attesa fino ad arrivare all’ultima sera, quando si canta. Che tristezza quando nella nostra vita non c’è la trepidazione di una sera che annuncia un domani. Un domani presente in Gesù, fratello, Principe della Pace, che ci rende capaci di rendere concrete parole come amore, amicizia, solidarietà, aiuto e pace. La gioia non nasce dalle favole. Esse, però, ci insegnano che è brutto doversi inventare un mondo parallelo per farci entrare il bene, la pace e la gioia. È da disperati inventarsi un Natale parallelo. Aspettare Babbo Natale è, alla fine, aspettare qualcuno che si prenda cura di te in un mondo dove nessuno lo fa. Ho paura che Babbo Natale serva più ai grandi che ai bambini. I primi destinatari dell’annuncio della sua nascita sono persone che non avevano tempo per le favole, ma che si sono subito messi alla ricerca di qualcuno che era nato e che si rivolgeva a loro, contando sulla loro buona volontà. Convinti dalla novità che qualcuno fosse andato a cercarli nelle loro capanne e a visitarli nel loro sonno, per invitarli ad andare a vedere, come si fa con le persone che si amano e che contano: quelle alle quali le notizie si comunicano per prime e alle quali vanno date di persona. Che novità essere trattati come persone amate e importanti, senza essere costretti a entrare in una favola dove le pecore smettono di avere l’odore di pecore, le capanne diventano castelli e si deve dire che i poveri pastori, costretti alla macchia, alla fine sono principi puniti da una strega».

Edizione digitale

Sfoglia il giornale

Acquista l'edizione

Ultime dalla sezione