E' come se avessero voluto dare una spinta alla ripartenza della giustizia. Toga, guanti, mascherina e distanza di sicurezza. Gli avvocati del Foro di Latina ieri mattina alle 12 in piazza Buozzi con un flash mob organizzato in tutta Italia, se da un lato hanno protestato per sottolineare l'impasse del sistema, dall'altro hanno voluto dare un segnale forte e ben marcato tentando di riaccendere i motori di un sistema che l'emergenza ha congelato da quasi tre mesi.  Un drappello di toghe, almeno un centinaio, si sono date appuntamento all'ingresso del Tribunale, hanno cantato l'Inno di Mameli e subito dopo si sono incamminate in fila verso l'ingresso, attraversando la strada e in segno di protesta hanno depositato il codice civile e il codice penale all'ingresso. La situazione è molto critica: quasi nove processi su dieci sono stati rinviati al 2021, tanti avvocati sono in crisi e molti hanno chiesto il sussidio al Governo.

«L'Italia è ripartita ma la giustizia no, siamo ancora fermi» è il concetto rimarcato dalle toghe pontine. In piazza Buozzi c'erano avvocati storici, i penalisti, i civilisti, i praticanti, il commissario in rappresentanza dell'Ordine. La protesta è stata trasversale. Tutto è nato da un gruppo di una chat con diversi avvocati ed è iniziato il tam tam.
«Il nostro è un comitato spontaneo di avvocati che non guarda gli schieramenti dei movimenti forensi, vogliamo far sentire la nostra voce - ha spiegato l'avvocato Giovanni Codastefano, tra gli organizzatori - la paralisi è quasi totale e i riflessi su Latina sono pesanti. Il danno economico per la nostra categoria è ingente». Sia nell'area penale che in quella civile la situazione è drammatica. Fino al 31 luglio l'attività è ridotta ai minimi termini.

«Siamo una categoria bloccata, non ci fanno entrare se non con appuntamenti, anche per chiedere le copie di un decreto ingiuntivo, diventa tutto complicato. Siamo in grande difficoltà. Il nostro è stato un gesto dimostrativo» ha detto Maria Vittoria Giampietro. «E' un modo per dire che ci siamo anche noi, il problema riguarda tutti e Latina ha risposto. La giustizia non può essere ferma per tutto questo tempo, altrimenti le conseguenze avranno ripercussioni pesanti in futuro», ricorda Angela Verrengia.

Per molti professionisti la situazione è al limite. «Ci sono i processi fermi: chi fa il penale si ritrova senza lavoro dal 9 marzo fino al 31 luglio, visto che si celebrano solo i processi con i detenuti che sono una piccolissima parte. Poi c'è agosto e settembre. Se ci sarà una ricaduta, sarebbe la fine», dice un altro penalista che preferisce mantenere l'anonimato. «Hanno riaperto i pub, si va al mare, possibile che in Tribunale mantenendo le distanze e tutti i dispositivi non si possa trovare una soluzione?», aggiunge un'altra toga. «Se non fai l'udienza al cliente che ti deve pagare poi cosa dici?» aggiunge.
«Il vero paradosso è che è tutto aperto e solo il Tribunale è chiuso - ricorda l'avvocato Giampiero Cevrain - nel mio caso ad esempio ho iscritto una causa al civile ed è stata rinviata d'ufficio all'anno prossimo». In Tribunale l'accesso è limitato, nell'ufficio giudiziario sono state apportate diverse modifiche per la sicurezza, a partire dalla segnaletica orizzontale sul pavimento all'ingresso della Corte d'Assise, a tutte le altre misure di distanziamento sociale. Dopo la grande paura di marzo, la guardia resta sempre alta ma per gli avvocati è necessario riprendere. «Altrimenti - ripetono - questa è un'ingiustizia»