Il caso è uno dei tanti episodi di violenza in famiglia che nella maggior parte delle volte restano chiusi tra le mura domestiche e non filtrano. Da una parte una madre e un padre, dall'altra un figlio che ha 21 anni, consumatore di sostanze stupefacenti e che è stato condannato nei giorni scorsi dal giudice del Tribunale di Latina Mario La Rosa per maltrattamenti in famiglia. Il pubblico ministero aveva chiesto tre anni e otto mesi, alla fine la condanna (con il rito abbreviato) è di due anni e sei mesi, ma la vicenda è emblematica su quello che è avvenuto.

A.M., queste le sue iniziali, è stato sottoposto anche alla misura del divieto di avvicinamento. Come è emerso nel corso delle indagini - condotte dal pubblico ministero Simona Gentile che ha chiesto per il ragazzo il giudizio immediato - l'imputato oltre ad aver offeso ripetutamente i genitori, li ha minacciati pesantemente. Il ragazzo che abitualmente fa uso di droghe pretendeva continuamente somme di denaro e in caso di rifiuto ha colpito con un pugno la finestra di casa danneggiando oggetti dell'abitazione. Oltre alle offese: «Figli di buona donna», è stata l'espressione più educata, in alcuni frangenti ha minacciato di morte i genitori, procurando ad entrambi - ha sottolineato il magistrato inquirente - delle sofferenze e delle umiliazioni incompatibili con le normali condizioni di vita e instaurando un clima di tensione e terrore e uno stato di profonda soggezione psicologica.

In altri casi - come è riportato nel capo di imputazione dove vengono contestati diversi episodi avvenuti a Latina fino al maggio del 2019 - l'imputato ha chiesto la somma di 200 euro e nell'arco della stessa giornata, ha telefonato cinque volte per avere altro denaro e di fronte al rifiuto sono iniziate le minacce. «Vi rovino», oppure «Vi faccio fuori».