Silenzi e mezze verità sui pestaggi consumati in maniera del tutto gratuita nel centro di Latina, soltanto per alimentare l'ego di una giovane gang composta da ragazzi assetati di criminalità, ai danni di ignari passanti. I tre indagati maggiorenni finiti agli arresti domiciliari, sono comparsi ieri in Tribunale per gli interrogatori di garanzia delle ordinanze di custodia cautelare firmate dal giudice per le indagini preliminari Mario La Rosa.

Al centro dell'indagine condotta dai poliziotti della Squadra Volante, c'era la serata di follia dello scorso 4 giugno, quando si erano consumate quattro aggressioni ai danni di persone prese di mira senza una logica da una gang di giovani, tra i quali un minorenne, se non per misurarsi con la violenza. Due di quegli episodi erano degenerati in rapine ed è per questo reato che la Procura aveva chiesto e ottenuto le misure restrittive, ovvero gli arresti domiciliari per i maggiorenni e l'affidamento a una comunità per E.S., ancora 17enne.

Assistiti rispettivamente dagli avvocato Stefano Iucci e Catia Pedron, i due ventiduenni Ettore Annoni e Luigi Toma si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e sono rimasti in silenzio alle domande del giudice. A differenza loro, invece, il ventunenne Vincenzo Zara, assistito dall'avvocato Roberto Baratta, ha risposto, fornendo un quadro della situazione tale da ridimensionare le accuse rivolte contro di lui. Del resto, pur essendo presente a tutti gli episodi ricostruiti dai poliziotti del commissario Giovanni Scifoni, il ruolo di Zara è apparso meno attivo degli altri.

Insomma, il giovane ha sostenuto l'interrogatorio ricostruendo i fatti dal proprio punto di vista, ben distante comunque dal ruolo di accusatore per i suoi amici. Si è limitato a descrivere ciò che ha visto, sottolineando di non avere picchiato nessuno, tantomeno di avere pronunciato minacce o sottratto qualcosa alle vittime, ribadendo di non essere stato lui a ingaggiare il contatto con le vittime, incrociate casualmente per strada dalla loro comitiva. E proprio alla luce di un quadro indiziario più debole, l'avvocato Roberto Baratta ha chiesto, a margine dell'interrogatorio di garanzia, ha chiesto al giudice per le indagini preliminari Mario La Rosa una misura cautelare meno afflittiva per il proprio indagato, finito agli arresti domiciliari proprio come gli altri due mag giorenni della gang che, a differenza sua, avevano partecipato attivamente alle folli scorribande.