Ingiusti profitti con i rifiuti in assenza di autorizzazioni e conferimenti in discarica senza adeguamento trattamento: sono queste le pesanti accuse che la Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) muove alla Rida Ambiente e a i suoi rappresentanti. In questi giorni la Procura di Roma della Dda ha chiuso l'inchiesta sull'impianto Tmb di Aprilia, che vede indagati Fabio Altissimi (presidente del Cda di Rida) e la moglie Cristina Meloni (vice presidente e consigliere con procura speciale dell'azienda). Per la coppia il reato contestato è lo stesso: traffico illecito di rifiuti in concorso.


Un'inchiesta, quella portata avanti dai sostituti procuratori Rosalia Affinito e Francesco Minisci e dal procuratore aggiunto Nunzia D'Elia, iniziata nel 2017 con gli accertamenti eseguiti dai carabinieri forestali del Nipaaf di Latina e dell'Arpa ma che parte da ancora più lontano, prendendo in esame l'attività dal 2014 al 2017 dell'impianto di trattamento meccanico biologico che lavora l'indifferenziato per diversi comuni delle province di Latina e di Roma.


E le ipotesi di reato nei confronti dei titolari della Rida Ambiente sono durissime, visto che vengono accusati di aver gestito abusivamente nell'impianto ingenti quantità di rifiuti solidi urbani (Rsu), in violazione della legge e dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) concessa dalla Regione Lazio. Nello specifico, secondo l'Antimafia, la società dal gennaio 2014 al dicembre 2017 ha accettato nel Tmb circa 50 mila tonnellate con codice Eer 20.01.08 (rifiuti da mense e cucine) in assenza di autorizzazione, conseguendo un ingiusto profitto di circa 500 mila euro.