La linea diretta tra piazza Buozzi e piazza del Popolo potrebbe essersi spezzata. Forse definitivamente. A mettere un punto nei rapporti tra il Foro e il Comune di Latina è il Consiglio dell'Ordine degli avvocati che ritorna sul caso Rio Martino che secondo le toghe non può essere derubricato ad un semplice sgarbo istituzionale o ad una svista. La scelta di ignorare i professionisti di Latina e andare a Roma, ha prodotto diversi effetti. Per il Commissario degli avvocati Giacomo Mignano è prima di tutto un atto illegittimo, da revocare. Lo spiega nelle sette pagine di una lettera inviata al sindaco di Latina Damiano Coletta; e la chiusura è con una citazione latina, «caro sindaco senza scomodare Ulpiano Pacta sunt servanda».


Il messaggio che arriva dal Foro per essere stato snobbato come spiega Mignano, è duro.
Delusione e rammarico sono i sentimenti che prevalgono nella nota. «Non vi è dubbio che un simile conferimento - scrive Mignano - in considerazione dell'esborso economico avrebbe di certo fatto comodo all'Avvocatura essendo uno dei settori più colpiti dal fenomeno epidemiologico che sta interessando l'intero pianeta. Questa situazione di disagio è stata rappresentata dall'incontro che l'Amministrazione ha avuto con le categorie, il Patto per Latina e dall'esito delle rassicurazioni ricevute, era lecito aspettarsi il conferimento dell'incarico ad un professionista locale, con la conseguenza che il tavolo di confronto si è rivelata una burla, anche se c'è poco da scherzare».
Le conseguenze della scelta di ignorare le toghe pontine sono state immediate a partire dalle dimissioni di tre avvocati: Chiara de Simone, Toni De Simone e Giuseppe Gallinaro, inseriti nella rosa della commissione per individuare il nuovo dirigente del'Avvocatura. Anche questa scelta rappresenta una chiusura con il Comune.