L'accusa più grave, il perno dell'inchiesta, è crollata ieri pomeriggio alla lettura del dispositivo da parte del giudice del Tribunale di Roma Paola Della Monica. L'operazione Stelvio è stata sensibilmente ridimensionata nella sua struttura indiziaria. Nel corso della requisitoria il pubblico ministero Antonio Sgarrella aveva sostenuto l'aggravante del metodo mafioso per i quattro imputati che invece il gup ha accantonato; in questo modo l'impianto accusatorio è radicalmente cambiato.


Se il magistrato inquirente aveva chiesto 20 anni di reclusione per Ernesto Pantusa, principale imputato dell'operazione Stelvio, chiedendo oltre mezzo secolo di condanne complessive per tutti, alla fine per il 44enne di Latina la condanna è di cinque anni e quattro mesi di reclusione, per la presunta rapina relativa ad una borsa con alcuni oggetti e un assegno non intestato, portata via alla parte offesa, un avvocato del Foro di Santa Maria CapUa Vetere che aveva denunciato di essere stato minacciato e sequestrato in un capannone a Borgo Santa Maria. Per Pantusa è arrivata la condanna per il sequestro e per la rapina mentre dal sequestro a scopo di estorsione il reato è stato derubricato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Il quadro a fronte di una richiesta di 20 anni si è sensibilmente alleggerito.


Ieri mattina prima della sentenza, ha parlato l'avvocato Dino Lucchetti che insieme al collega Marco Nardecchia, assiste il 44enne, a seguire dopo le repliche del pm e della parte civile, la camera di consiglio e quasi due ore dopo la sentenza. In aula erano presenti gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato, godendo così della riduzione di un terzo della pena mentre non c'era la parte offesa. Oltre a Pantusa è stato condannato a un anno e sei mesi Fabrizio Fava, a due anni Salvatore Carleo, rispettivamente di Tivoli e Morena e infine a due anni Debora Fiorucci, 50 anni di Sermoneta, per questi ultimi tre la richiesta era stata di 12 anni per ogni imputato. La ricostruzione del pm poggiava le basi sull'aggravante del metodo mafioso, sul sequestro di persona che per gli inquirenti è stata una micidiale trappola in cui è finito l'avvocato campano.