Il Comune non getta la spugna sul caso delle residenze di lusso di via del Lido gonfiate da una lunga serie di illeciti edilizi. Dopo la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale di sospendere l'efficacia di alcune delle ordinanze di demolizione dei manufatti abusivi, in attesa di esaminare i ricorso nel merito, l'ufficio tecnico dell'ente di piazza del Popolo ha rettificato gli atti con i quali aveva intimato il ripristino dei luoghi, sostanzialmente aggiungendo alcuni allegati, ovvero le piantine catastali, che dovrebbero consentire di superare le lacune evidenziate dai giudici amministrativi.
Una mossa auspicabile quella adottata dall'Ufficio Antiabusivismo e Condono del Servizio Politiche di Gestione e Assetto del Territorio, praticamente le stesse mani che hanno redatto le decine di ordinanze di demolizione che finora aveva superato l'esame del Tar, almeno sul piano puramente tecnico. Del resto gli abusi edilizi, nel caso della palazzina di via del Lido, sono a dir poco macroscopici: l'inchiesta avviata dalla Polizia Locale con la consulenza, appunto, dell'ufficio tecnico comunale, era nata per verificare la legittimità degli attici di lusso ricavati nei sottotetti, ma ha finito per bocciare anche i piani sottostanti, letteralmente gonfiati rispetto al progetto originale, ovveri rispetto alla volumetria che il costruttore aveva a propria disposizione.
Sono tre finora le ordinanze oggetto della sospensione disposta dal Tar in attesa della valutazione del ricorso nel merito e altrettanti sono gli atti finora rettificati dall'urbanistica comunale. In ballo c'è proprio l'impropria trasformazione dei locali tecnici del terzo e ultimo piano in attici con piscina, tutti a servizio degli appartamenti sottostanti, viziati anche questi da ampliamenti non autorizzati. In un caso viene contestato persino l'utilizzo del tetto, raggiungibile con una scala, come lastrico solare. E persino le piscine sono diverse rispetto ai piani.
Il ripristino dei luoghi è stato intimato ai rispettivi proprietari degli immobili, ma nell'inchiesta sono stati coinvolti anche costruttore, progettisti, direttore dei lavori e collaudatori, tutti chiamati in causa perché la natura degli abusi edilizi implica il loro coinvolgimento diretto. Non regge assolutamente l'ipotesi che siano stati gli acquirenti a modificare gli appartamenti dopo l'acquisto, come spesso le imprese edili cercano di far credere con una serie di escamotage poco efficaci.