La cultura del sospetto si annida anche nei campi coltivati a patate, tra i pomodori e nell'inferno delle serre; a volte ci prende, altre volte prende cantonate che generano mostri e creano immagini distorte di territori, culture consolidate e persone perbene che lavorano la terra. Come è accaduto col recente fatto di cronaca che ha visto l'infortunio di un bracciante caduto da una serra a Bella Farnia. Così, leggendo qualche cronaca azzardata messa su da improvvisati cronisti che non hanno mai frequentato una redazione e non alzano mai il sedere dalla sedia per andare a vedere di persona cosa è accaduto, ci si può imbattere in ricostruzioni come questa: «I capi hanno cercato di nascondere l'incidente, lasciandolo agonizzante in terra... Amrinder (?) è stato trattato come una scarpa vecchia. Noi lavoratori facciamo la ricchezza dei padroni e veniamo sfruttati e maltrattati ogni giorno... E' stato soccorso dai capi italiani che lo dovevano portare in ospedale e invece lo hanno abbandonato come un animale morto in un campo di patate a circa sette chilometri dal luogo dell'incidente». Agghiacciante descrizione.

Il caso è quello di Singh Amarjeet, un bracciante indiano di 32 anni che lavora alle dipendenze della ditta AgriLatina e che sabato scorso è caduto da una scala mentre lavorava su una serra alta poco meno di quattro metri. Il luogo dell'incidente si trova in via Migliara 47 in località Bella Farnia. I compagni di lavoro di Amarjeet hanno subito dato l'allarme, chiamato il coordinatore del gruppo di lavoratori e una volta ricevuto l'okay hanno caricato in auto il compagno per trasportarlo all'ospedale Icot di Latina. Durante il trasferimento, i colleghi del bracciante avvertono l'azienda che Amarjeet accusa dolori sempre più forti al petto. Ricevono quindi il consiglio di fermarsi dove si trovano, in prossimità di un terreno sulla strada Litoranea dove AgriLatina ha in uso un appezzamento coltivato a patate, e di attendere lì l'arrivo di un'ambulanza.

L'incidente è avvenuto alle ore 11.05; il coordinatore del gruppo di lavoratori viene avvertito alle 11.07; alle 11.26 l'auto con a bordo Amarjeet si muove alla volta dell'Icot; alle 11.28 gli accompagnatori del ferito avvisano l'azienda che il compagno accusa forti dolori al petto; alle 11.30 l'azienda chiama il 118; alle 11.36 la sala operativa del 118 chiede le coordinate del luogo dove si trova il ferito; alle 11.45 l'ambulanza è sul posto, in via Litoranea; alle 11.50 arriva anche l'elisoccorso, che preleva Amarjeet e lo trasporta al Goretti.
Una sequenza confermata anche dalle indagini svolte dalla polizia intervenuta sul posto. Ma su ilmanifesto.it del 25 agosto si legge «lo hanno abbandonato come un animale morto in un campo di patate». L'articolo porta la firma del cavalier Marco Omizzolo, attento osservatore dell'universo dei braccianti immigrati. Stavolta pare sia stato meno attento del solito. Per fortuna le condizioni di Singh Amarjeet si sono rivelate meno gravi di quanto si temesse, e il giovane è stato dimesso dal Goretti. Eppure ieri lo stesso Omizzolo è tornato a scrivere insistendo sul «tentativo di nascondere il grave incidente accaduto ad Amrinder Singh... raccolto e portato in un campo di patate per abbandonarlo». Ed anche degli «interessi padronali e mafiosi che in provincia di Latina sono radicati al punto da condizionare parte della politica locale».

L'operaio caduto dalla serra non si chiama Amrinder, ma Amarjeet, è munito di regolare contratto di lavoro e di permesso di soggiorno, il che non esime il datore di lavoro dall'adottare tutte le forme di sicurezza necessarie alla tutela dei dipendenti. E non a caso, correttamente, le autorità competenti stanno indagando per accertare eventuali responsabilità da parte del titolare di AgriLatina per inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro.

Ma da qui ad ipotizzare qualcosa che somiglia ad un tentato omicidio ce ne corre. Gli interessi mafiosi in provincia di Latina di certo non mancano, nemmeno nel settore produttivo agricolo; il caporalato è ancora una forma di sfruttamento molto diffusa, a volte sostenuta perfino da qualche sindacalista infedele, e non manca nemmeno una certa dittatura dei mafiologi di professione che non perdono occasione per ravvivare il sacro fuoco del sospetto ogni volta che se ne presenti il pretesto.