Cosa è successo quella sera dopo gli spari di via del Saraceno? Lo hanno ricostruito gli agenti della polizia che sono intervenuti dopo la richiesta di intervento al 113 e hanno arrestato Giovanni Cambria, siciliano di 59 anni, residente a Latina, imputato con l'accusa di tentato omicidio. Secondo quanto ipotizzato, la sua intimidazione era rivolta a Nazzareno Di Giorgio, 50 anni di Latina e il movente sarebbe stata la gelosia. In aula - davanti al Collegio penale presieduto dal giudice Gian Luca Soana - è stato il turno della deposizione di quattro investigatori che hanno ricostruito i fatti. Da chi è intervenuto per primo sulla scena del crimine, a chi invece in un secondo momento si è occupato dell'arresto.

La Jeep Renegade era stata centrata da quattro colpi di pistola di una calibro 22 esplosi - secondo l'accusa - da Cambria all'indirizzo di Di Giorgio che era alla guida del suv e aveva riconosciuto l'autore degli spari. Subito dopo i fatti, l'uomo aveva chiamato la polizia, fornendo utili indicazioni che avevano portato a chiudere il cerchio su Cambria. Gli agenti quella sera, poco prima di mezzanotte, erano andati in casa di Cambria e avevano sequestrato la felpa grigia indossata dall'uomo al momento degli spari.

In aula un poliziotto ha spiegato che l'imputato non aveva ferite alle mani, a quanto pare indossava i guanti e che invece aveva delle escoriazioni in altre parti del corpo e in un secondo momento era andato in codice verde al Santa Maria Goretti. Nel corso del dibattimento è stata ripercorsa la fase di quando è iniziato l'esame stub e le domande del legale di Cambria, l'avvocato Laura Bove, hanno cercato di scardinare le accuse. La difesa dell'imputato ha sempre sostenuto che c'è stata una contaminazione di natura biologica ed è questo il motivo della positività del suo assistito a cui sono state trovate particelle di polvere da sparo.