Una battaglia fino all'ultima eccezione davanti al Tribunale amministrativo per tentare di salvare due ettari di un terreno che, in apparenza, era destinato a diventare spazio sportivo nel bel mezzo di un quartiere massacrato dall'urbanistica selvaggia. E' la storia di via Oslo che ora viene esaminata dai giudici amministrativi nell'ambito del ricorso presentato dalla società Piave srl avverso l'ordinanza di acquisizione al patrimonio del Comune di Latina di una particella sulla quale sono state realizzate opere abusive per fini sportivi, tra cui un campo di beach volley e un chiosco bar. Interventi effettuati senza titolo concessorio, per quanto si tratti di un'area destinata ad impianti sportivi dagli strumenti urbanistici vigenti.

Due anni fa, in seguito ad un esposto, la polizia locale aveva rilevato gli abusi e ordinato l'abbattimento, provvedimento che non fu mai contestato né impugnato e per tale ragione l'ente ha proceduto con l'acquisizione di tutto il terreno di proprietà della Piave srl, atto per cui, invece, si chiede l'annullamento. In una lunga udienza al Tar il Comune ha ribadito che l'assenza di impugnazione dell'intimazione a demolire rende legittima la confisca successiva, mentre la società Piave insiste sulla eccessiva penalizzazione subita per l'acquisizione dell'intera particella, a fronte di abusi che ne occupano una minima parte e dunque non ci sarebbe adeguata proporzione tra il danno subito dall'ente e il «risarcimento» deciso con l'acquisizione del terreno al patrimonio pubblico.

Il Tribunale, all'esito della discussione, si è riservato di decidere e qualunque sarà il verdetto ci si troverà di fronte all'epilogo di una storia troppo lunga e ingarbugliata. Gli impianti sportivi furono realizzati sulla base di una sorta di accordo non scritto tra la società proprietaria dell'area e alcuni residenti del quartiere che volevano appunto ricavare spazi per lo sport in attesa di non si sa bene cosa, posto che il privato proprietario voleva (e poteva) intervenire con progetti di impiantistica sportiva su cui era possibile una regolare autorizzazione. Si è andati invece avanti senza regole né contratti o autorizzazioni e alla fine pure questo frammento di gestione del territorio lo si ritrova dentro un ruolo del Tribunale amministrativo. La sentenza è attesa per i prossimi giorni.