Si è visto negare il beneficio della detenzione domiciliare per motivi di salute Costantino Di Silvio detto Patatone, reo confesso dell'omicidio di Fabio Buonamano del gennaio 2010. I giudici del Tribunale di Sorveglianza ritengono infatti che le sue condizioni non siano abbastanza gravi, o meglio che sono compatibili con la permanenza in carcere e con le cure garantite all'interno dell'istituto di pena. Una decisione che il 38enne, uno dei personaggi di spicco del clan Di Silvio, è pronto a contestare con un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione e, se necessario, alla Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo. Contando gli sconti per la buona condotta, infatti, la scadenza della pena è prevista per il marzo del 2036.

Secondo i suoi familiari, Patatone sarebbe in cura per due tumori, ma stando agli atti dello stesso Tribunale di Sorveglianza, le patologie di cui soffre per tiroide e prostata, non pregiudicano le condizioni di salute del detenuto, come rivelato dalla relazione sanitaria firmata dal dirigente medico della Casa Circondariale di Rebibbia dove Costantino Di Silvio è recluso. Oltretutto un successivo aggiornamento della stessa perizia, sottolinea che «non si rilevano disturbi dello psichismo in atto né patologie organiche cardiovascolari e respiratorie degne di nota». Infatti, tra i motivi che lo hanno spinto a chiedere il "differimento dell'esecuzione della pena", Patatone aveva annoverato anche i rischi correlati alla diffusione del Coronavirus.

Alla luce di quanto stabilito dai medici, non deve avere influito positivamente la relazione, sul suo conto, presentata dalla Divisione Anticrimine della Questura di Latina. «...si evidenzia l'excursus criminale che ha caratterizzato la sua vita già da minorenne, percorso costellato di violenze e soprusi che sono culminati nel 2010 in una guerra senza precedenti tra gruppi criminali che si contendevano traffici illeciti nel territorio e che hanno portato all'omicidio di due pregiudicati e al tentato omicidio di altri». Oltretutto la Polizia sottolinea che, sebbene la moglie di Patatone avesse dato la piena disponibilità per la detenzione domiciliare, non trova riscontro l'eventualità, dichiarata dalla donna, che il marito sarebbe stato assunto da un'azienda che ha sede in una cittadina della provincia di Latina: il titolare, a sua volta pregiudicato e figlio di collaboratore di giustizia, ha declinato la disponibilità per l'assunzione.