Deve essere probabilmente per via del fatto che la storia della città è ancora così breve e bene impressa nella memoria collettiva del luogo, e perché in fondo da Benito a Pasquale ci sono di mezzo soltanto novant'anni, una buona metà dei quali contrassegnati, tra le altre cose, dalle prodezze degli zingari di Latina, a cominciare da Camula per finire a Cha Cha, sta di fatto che questa città sembra venuta fuori da un girone dantesco frequentato da anime condannate a guardarsi alle spalle mentre procedono in avanti. Benito è ovviamente Mussolini, e Pasquale, neanche a dirlo, è Maietta, e pare che la nostra tivù di stato non sappia fare altro che parlare dell'uno o dell'altro, costringendo anche quelli che non amano né Benito né Pasquale a fare i conti solo e soltanto con loro, cioè col fascismo, con la destra e con la politica corrotta e associata alla criminalità.
La trasmissione Report andata in onda lunedì sera non ha fatto eccezione alla regola del ripescaggio di fatti trascorsi. E benché si tratti, per fortuna, di fatti superati da arresti, sentenze, condanne e stralci di processi ancora in corso, riproporli ancora una volta come grimaldello sempre attuale per spiegare altro, nel caso di specie un certo livello di inquinamento criminogeno nei ranghi del partito più lanciato del momento, quello di Fratelli d'Italia, ha avuto il duplice effetto di abbassare ulteriormente il morale dei cittadini della provincia pontina stanchi di vedersi additati come sudditi del malaffare, e dall'altro di rinforzare fuori dei confini provinciali un'immagine distorta di questo nostro territorio.
Sarebbe bastato concedere a questa provincia una via d'uscita onorevole, magari intervistando in chiusura di servizio una figura estranea alla politica e alla criminalità, una o uno capaci di spiegare al reporter di turno che se gli zingari finiscono in galera e i politici corrotti pure, forse è segno che qualcosa che funziona c'è anche da noi, e non è soltanto la Procura con tutte le forze dell'ordine al seguito, ma anche una comunità capace di reagire, denunciare e dire basta quando serve o quando è ora.
Certamente non è servita la comparsata del sindaco Coletta col tono abbacchiato di chi subisce gli effetti degli eventi «di prima», e che riesce soltanto a dire che lui, da quando ha visto Cha Cha muoversi con una certa padronanza al Francioni, allo stadio non ha messo più piede.
E' di altro che questa città ha bisogno, e certamente non di un difensore civico e nemmeno di un insabbiatore, ma piuttosto di un coro di voci capace di dire al mondo che questo posto che si chiama Latina non è poi così malaccio, e che a dispetto di tutto, compreso l'inestricabile groviglio di etnie che costituisce l'ossatura della comunità locale, la gente di qui è capace di tutto, non soltanto di porre in essere i peggiori misfatti, ma anche di sane prodezze e grandi prestazioni che sanno di etica e di buona morale. In quale altra città «nera» l'elettorato moderato e di destra sarebbe stato capace di rispedire a casa i partiti della destra e regalare il 70 per cento dei consensi al debuttante Coletta? E' questa la città vincente da promuovere, non quella furfante e perdente dei Maietta e dei Di Silvio.