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Cronaca

Omicidio Langella, respinto il ricorso di Andrea Tamburrino

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 9 anni di reclusione per l'uomo accusato di omicidio

Omicidio Langella, respinto il ricorso di  Andrea Tamburrino

Dopo poco più di quattro anni, la quinta sezione della Corte di Cassazione ha posto la parola fine sulla drammatica vicenda che si consumò il 2 dicembre 2016 nella villetta di Via Giovenale a Formia. I giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall'imputato Andrea Tamburrino, confermando, in tal modo, la condanna a 9 anni di reclusione. Ha retto in primo grado, in appello e in Cassazione il castello accusatorio proposto dalla pubblica accusa ed avallato dalla famiglia della vittima, Giuseppe Langella, costituitasi parte civile in tutti e tre i gradi di giudizio. Moderata soddisfazione espressa dalla famiglia Langella, rappresentata dall'avvocato Vincenzo Macari, il quale ha dichiarato: «Nessuno riporterà in vita il povero Giuseppe, ma quantomeno è stata ristabilita la verità storica dei fatti rispetto a quello che, nell'immediatezza dei fatti, era stato paventato come un incidente domestico e finanche come un tentativo di suicidio».

Andrea Tamburrino - che è stato giudicato col rito abbreviato - è accusato di essere il responsabile della morte dell'autotrasportatore di Formia, con il quale divideva la villetta di via Giovenale, in località Acquatraversa. Qui all'alba del 2 dicembre del 2016 avvenne la tragedia.

La difesa di Tamburrino, in fase preliminare aveva chiesto di sottoporre l'imputato ad una perizia, utile a risolvere due quesiti fondamentali che riteneva potessero scagionare l'imputato: se l'uomo era in grado di intendere e di volere nel momento del tragico fatto, e se era capace o no di partecipare al processo. Al primo quesito, i periti hanno risposto che la notte della tragedia era lucido, mentre per il secondo era stata accertata la sua precarietà psichica. I fatti. Secondo la ricostruzione fornita dagli inquirenti i due amici avrebbero avuto un confronto molto acceso che purtroppo degenerò. Tamburrino nell'immediatezza dei fatti raccontò ai carabinieri che quella sera i due stavano dormendo insieme, e si accorse che qualcosa era successo dal rumore della caduta per le scale di Langella. Ed è a quel punto che vide il suo amico in fondo alle scale. Diversa la tesi di parte civile: Tamburrino avrebbe trascinato l'amico per le scale per simulare la caduta.
Si è tratta di una vicenda giudiziaria piuttosto complessa, che si è giocata tra perizie psichiatriche e battute di arresto per le condizioni di salute psichiche dell'imputato che non lo rendevano capace di partecipare al processo.

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