«Ciao Daniel e David, che i vostri cuori volino più in alto della follia di questo mondo». Uno striscione, con scritta blu su sfondo bianco, realizzato dagli amichetti e dagli Ultras della Curva Nord della Lazio, ha accompagnato OGGI POMERIGGIO i funerali di Daniel e David Fusinato, i bambini di 5 e 10 anni, vittime iniseme al 74enne Salvatore Ranieri della follia omicida di Andrea Pignani.
L'ultimo saluto alle due innocenti vittime è stato dato ieri, nella chiesa della Regina Pacis ad Ostia, dove centinaia di persone si sono raccolte per dire addio ai fratellini e per far sentire la loro vicinanza ai genitori.
Presenti ai funerali anche il sindaco Virginia Raggi, con il presidente del X Municipio, Giuliana Di Pillo, all'interno del perimetro di palloncini bianchi e azzurri e transenne necessarie per garantire la sicurezza di tutti i partecipanti.
Commossi e addolorati, tutti hanno voluto far sentire la loro presenza e la loro vicinanza. E proprio ieri, nel giorno dei funerali, la madre di Andrea Pignani, il 34enne che si è barricato in casa e suicidato, sparandosi con la stessa pistola con cui ha ucciso i due bambini e il 74enne, ha voluto far giungere alle famiglie delle vittime una lettera. Una nota, scritta a mano, con cui chiede scusa per non essere riuscita ad interpretare il figlio e per non averlo fermato prima che compiesse quel folle gesto, che ha sconvolto tre famiglie: la sua, la famiglia Fusinato e la famiglia Ranieri.
«Come madre e moglie sono profondamente addolorata e sconvolta per il gesto folle, efferato e violento di mio figlio, davanti al quale non mi do pace né ragione, come voi - scrive la madre di Pignani - Il gesto insano che ha provocato la morte di Salvatore, Daniel e David, anime innocenti, ha gettato nel dolore e nella disperazione le vostre famiglie e la mia. Come si può arrivare a tanta ferocia? Il gesto di mio figlio non può essere giustificato in alcun modo. Mi sento impotente davanti alla vostra tragedia e so che non ci sono parole giuste. Ci sono cose che il tempo non può accomodare, ferite talmente profonde che lasciano il segno e ti cambiano la vita inesorabilmente, perché indietro non si torna».