Eduardo Di Caprio, il trentasettenne di Scauri condannato in primo e secondo grado a sedici anni e otto mesi perché ritenuto responsabile dell'omicidio di Cristiano Campanale, ricorre in Cassazione. Il suo legale, l'avvocato romano Paolo Barone, infatti, lunedì scorso ha presentato il ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, per «erronea applicazione della legge penale e per manifesta illogicità della motivazione». In dodici pagine il legale capitolino esprime la sua contrarietà alle decisioni adottate verso il suo assistito, facendo riferimento alla sentenza di primo grado, visto che la Corte territoriale ha integralmente condiviso le motivazioni espresse dai giudici del Tribunale di Cassino. L'avvocato Barone contesta il fatto che il Campanale fosse deceduto anche qualora il segnale stradale non lo avesse colpito alla testa, come sottolineato dal perito. Elementi che sarebbero smentiti dalla elaborazione scientifica del consulente della difesa. Circa il dolo d'impeto, per l'avvocato Barone, la Corte di Appello ha «erroneamente interpretato la legge penale, omettendo la pur doverosa applicazione delle regole di giudizio in tema di accertamento del dolo, nella preconcetta e indimostrata considerazione che la condotta del Di Caprio sarebbe stata, comunque, idonea con alta probabilità, pari alla certezza, a causare la morte di Cristiano Campanale". In definitiva per il difensore del Di Caprio non c'era l'intenzione di uccidere, ma voleva solo dare una lezione a colui che lo aveva "bombardato" di messaggi telefonici insultandolo pesantemente, minacciando di rivelare le sue scappatelle extra-coniugali". Per questi motivi l'avvocato Barone ha chiesto alla Suprema Corte di Cassazione l'annullamento della sentenza.