13.06.2023 - 08:30
Il giudice della prima sezione civile del Tribunale di Latina, Elena Saviano, ha dichiarato estinta la procedura di recupero del credito per l'acquisito dell'area ex Svar avviata ormai venti anni fa a carico del Comune di Latina. Si chiude così un contenzioso terribile, e per certi versi quasi surreale, circa l'alienazione e successivo utilizzo pubblico dell'ex opificio, oggi comunque ridotto a ricovero per senzatetto. La vicenda inizia nel 1998 quando la Banca di Roma spa, poi Capitalia spa, avvia un procedimento di esecuzione forzata avente come oggetto due aree estese su oltre 7 mila metri quadri, che erano in quel momento di proprietà del Comune di Latina. Entrambe ricadono nella zona interessata dal Piano di zona ex Svar ed insieme ad ulteriori 14mila metri quadri, di proprietà della Immobiliare Romagnoli, costituiscono l'ambito di insistenza dei programmati interventi di edilizia residenziale pubblica. Le aree che in quel momento risultavano di proprietà dell'ente di piazza del Popolo erano state vendute al Comune dalla Vega Immobiliare. Ma (sorpresa!) erano gravate da ipoteca, in ragione del debito-finanziamento contratto dalla Vega con Banca di Roma. Vega era inadempiente su quel debito e quindi la banca avvia un'azione di recupero a carico dell'amministrazione. Un capolavoro.
L'amministrazione comunale di Latina quando è iniziata la procedura di recupero del credito non ha risposto alle richieste della banca che erano pari a 12 miliardi di lire! Dunque la banca ha optato per un piano b: rivalersi sulle aree. Si arriva al 2003: la giunta comunale con una delibera decide di opporsi alla stima che precede la vendita dei terreni ex Vega utile alla banca per rientrare dall'ipoteca. Il Tribunale di Latina tuttavia nomina un consulente perché si proceda alla vendita.
A questa procedura esecutiva il Comune si oppone perché sa che può perdere i terreni che ha acquistato e qualcuno rischia di rispondere per danno erariale. In extremis la vendita viene bloccata, ma quando il giudice va a vedere gli atti del processo ordinario dà ragione alla banca così motivando il provvedimento che respinge l'opposizione dell'ente: «...non appare sufficiente la formale destinazione del bene a finalità di pubblica utilità per conferirgli natura di bene indisponibile, occorrendo altresì una concreta destinazione dello stesso ad un pubblico servizio», concreta destinazione che in effetti a distanza di anni non vi era stata allora né c'è oggi. Passa altro tempo: nel 2010 la sentenza di primo grado che dava torto all'ente viene appellata e in secondo grado i giudici dicono che l'esecuzione immobiliare avviata dalla Banca di Roma non va bene. Una vittoria importante che vale oggi sei milioni di euro di risparmio per le casse pubbliche. In questi giorni, a venti anni di distanza, per l'intera procedura avviata dalla banca è stata dichiarata l'estinzione sula base della sentenza di Appello depositata dall'avvocato Francesco Cavalcanti per conto del Comune. Resta un mistero su come alla fine degli anni 90 l'ente comprò aree gravate da ipoteca. Il pignoramento sui terreni ex Svar verrà cancellato.
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