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Giudiziaria

La vendetta per l'omicidio Palli sventata da una «soffiata» alla ‘ndrangheta

Nell'ultima udienza di «Tritone» un colonnello dei carabinieri spiega perché i componenti del clan sapevano (quasi) tutto: la vendetta fermata da un maresciallo

La vendetta per l'omicidio Palli sventata da una «soffiata» alla ‘ndrangheta

C'è stato un problema con le forze dell'ordine nel ritardo delle indagini sulla locale di ndrangheta ad Anzio e Nettuno. E' emerso con chiarezza durante l'ultima, lunga, udienza del processo Tritone in corso davanti al Tribunale di Velletri. Determinante a questo proposito l'escussione del colonnello Massimiliano Vucetich che ha seguito le indagini alla riapertura di una vecchia inchiesta sulla ‘ndrangheta insediata sul litorale romano. Quando la Dda di Roma incaricò il comandante del Nucleo, il colonnello Lorenzo D'Aloia, disse ad un gruppo ristrettissimo di investigatori (15 uomini sui 200 operativi nel nucleo di Roma) che avrebbero dovuto agire con il massimo riserbo e senza fare alcun cenno delle indagini né con i colleghi che operavano sul territorio di Anzio e Nettuno, né con chiunque altro non fosse appartenente a quella indagine. Ordini tassativi, «ossessivi» li ha definiti il teste in aula, partiti dalla stessa Procura di Roma proprio perché si temevano soffiate dagli inquirenti alle famiglie Madaffari-Perronace per un'inchiesta che sarebbe culminata con gli arresti del febbraio 2022.

«Ricordo l'assoluta blindatura dell'attività. - ha detto il colonnello - Quando Lorenzo D'Aloia arrivò con la delega ci disse che l'indagine doveva essere tombata e di non far riferimento a colleghi sul territorio; non si poteva assolutamente perché vi era il forte sospetto che i soggetti monitorati avessero capacità di penetrazione del territorio e vi erano stati elementi in passato di inquinamento. Un'ossessione che è poi aumentata poiché ci accorgemmo che c'era effettivamente capacità di acquisizione di notizie di indagini dal territorio». L'inchiesta dunque andò avanti sotto mentite spoglie, con rischi notevoli per esempio durante l'installazione di videocamere e cimici. Se gli investigatori del Nucleo fossero stati notati potevano essere scambiati per ladri e comunque si sapeva che i carabinieri e la polizia del posto non erano stati avvisati come invece accade normalmente. Come si sa, l'inchiesta sulla ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno viene rinvigorita dalle dichiarazioni del pentito Antonino Belnome che ha fatto per primo i nomi dei tre personaggi principali della locale di santa caterina d'Aspromonte sul litorale, ossia quelli di Gallace Bruno, Gallace Davide e Modaffari Giacomo, da tempo residenti sul posto. Un focus è stato fatto nel corso della deposizione proprio su Giacomo Madaffari, uno che ha mostrato in alcune intercettazioni di avere contatti con le forze dell'ordine, in specie con i carabinieri.

Episodio emblematico citato dal colonnello Vucetich è quello che segue l'omicidio di Luca Palli, avvenuto ad Aprilia nel 2018. Nel corso di un dialogo intercettato da Giacomo Madaffari e Gregorio Spanò viene ricostruito quanto accadde subito dopo il delitto. La conversazione riguarda un raid che la moglie del pregiudicato di Patrizio Forniti avrebbe voluto portare a termine contro gli aggressori del genero, compagno della figlia. In quel dialogo, ad un certo punto, Giacomo Madaffari, parlando con Ivan Casentini ed un altro uomo non identificato, descrive quanto accaduto, appunto, a seguito dell'omicidio di Luca Palli. Quest'ultimo era legato a Patrizio Forniti, il quale aveva cercato di risalire agli autori per vendicare l'amico. Ma mentre conduce queste sue indagini private viene messo sull'avviso da Giacomo Madaffari, a sua volta avvertito da un maresciallo di Aprilia che gli dice di fermarsi «altrimenti vi arrestiamo tutti, abbiamo già scoperto tutto, sappiamo chi sono fermatevi... digli di non muoversi perché vi arrestano a tutti». Questa conversazione è successiva all'arresto degli autori del delitto Palli e coincide la ricostruzione.

Il sostituto procuratore che sostiene l'accusa nel processo Tritone, Giovanni Musarò, ha anche chiesto se le soffiate siano arrivate pure dalla polizia di Stato. E risulta anche questo da altre intercettazioni. Una in particolare, del marzo 2019, tra Gregorio Spanò e Giacomo Madaffari nella quale Madaffari sostiene di essere stato avvisato da Forniti circa l'esistenza di un'indagine che gli era stata confidata e che era condotta da «quelli di via Genova», sede della squadra mobile della Questura di Roma. Sempre quel giorno Spanò dice a Modaffari che un dentista ha un amico che lavora a Roma in polizia e ha saputo che «ci sono molte indagini ad Anzio... ci sono da cinque mesi.. anzi penso che sia finita quasi». I tempi coincidono: la delega della Procura è di dicembre 2018 e l'intercettazione è di maggio 2019.

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