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Il caso

Minacce e prestiti, sfilano le presunte vittime dei Ciarelli

Udienza del processo Purosangue. Ascoltate le parti offese che in alcuni casi hanno minimizzato i fatti

Minacce e prestiti, sfilano le presunte vittime dei Ciarelli

Da un testimone che ha lavorato in un pub di Latina che non ricorda le minacce perché ha detto che era ubriaco, alla madre di un ragazzo che aveva un debito di 2500 euro con i Ciarelli. Ha ricordato di aver fatto un finanziamento per chiudere tutto.

E' stato il turno di ben sette testimoni ieri in Tribunale a Latina in una lunga udienza iniziata la mattina e finita nel pomeriggio del processo Purosangue Ciarelli. A vario titolo i reati ipotizzati sono: estorsione, truffa, violenza privata, danneggiamento e lesioni, aggravati dal metodo mafioso. Davanti al Collegio penale presieduto dal giudice Gian Luca Soana a e al pubblico ministero Valentina Giammaria, hanno deposto le parti offese che hanno ricostruito i fatti, minimizzando in alcuni tratti le condotte finite nelle carte dell'inchiesta che aveva portato all'esecuzione delle misure restrittive.

«Mio figlio aveva un debito di droga e con mia figlia abbiamo chiesto un prestito ad una finanziaria perché altrimenti il debito aumentava, triplicava - ha ricordato - Non sono stata minacciata e sia io che mio figlio non abbiamo avuto paura dei Ciarelli», ha detto la donna che poi ha riconosciuto in «Cinesino» la persona con cui il figlio aveva il debito. E' stato poi il turno di un'altra parte offesa, bersaglio di una intimidazione a colpi di pistola nell' abitazione della madre nel giugno del 2020.

Il testimone ha sostenuto che non sa chi sia stato a sparare e che non ha mai avuto problemi con gli imputati.

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