Il fatto
31.12.2023 - 08:18
La comunità di Latina sconta una danno da servitù per la presenza della centrale nucleare di Borgo Sabotino, seppure in dismissione. E per questa ragione la seconda sezione del Tribunale civile di Roma ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente, il Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, e il Cipe, a rifondere al Comune di Latina le somme dovute in forma di ristoro per gli anni dal 2005 al 2018.
Conti parziali
Un parziale versamento c'è stato ma in misura inferiore, esattamente il 30% di quanto dovuto. Con il provvedimento giudiziario si arriva al totale dovuto e complessivamente si tratta di una iniezione di denaro da capogiro per il bilancio dell'ente: 27milioni e 363mila euro, cui devono aggiungersi gli interessi e le successive rate fino a marzo del 2021, data del primo atto di costituzione in mora dell'amministrazione comunale di Latina. E comunque viene riconosciuto un ammontare risarcitorio «fino al soddisfo, nonché al pagamento degli importi relativi alle annualità maturate nelle more del giudizio fino alla data della sentenza» che è stata appena pubblicata. Governo e Cipe sono stati altresì condannati a pagare le spese legali per un totale di 29mila euro.
L'istanza
Il Comune, rappresentato dall'avvocato Francesco Cavalcanti, aveva presentato domanda di accertamento e condanna in materia di contributi in favore degli enti locali, ex articolo 4 del decreto legge 314/2003, quello che appunto prevede i ristori da servitù per i territori che ospitano strutture ad alto impatto ambientale. In particolare il diritto del Comune di Latina è stato riconosciuto al fine di «ridurre il carico ambientale nella misura prevista dalla legge, senza alcuna decurtazione e fino al definitivo smantellamento della centrale nucleare insistente in Borgo Sabotino». La quota del ristoro, secondo la legge del 2003, andava parametrata su aliquote caricate sulle tariffe elettriche e altri elementi oggettivi. Nel 2004 l'amministrazione centrale provò a ridurre quel contributo al 30% ma fu sempre il Tribunale civile a stabilire il diritto dei Comuni asserviti alla presenza di centrali nucleari ad ottenere il 100% del ristoro, con altra sentenza del 2016. La tesi della validità della riduzione era stata, in qualche modo, ribadita anche in questo specifico procedimento dall'Avvocatura dello Stato, intervenuta in difesa dei Ministeri, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Cipe; e infatti secondo tale interpretazione era stata già ripartita la quota del 50% in favore del Comune nel periodo 2005-2018.
Il fronte del risparmio
L'intento di tale affermazione era quello di compensare il contributo con quanto poi gli enti locali debbono «girare» alle casse statali. Tuttavia questa tesi non ha trovato accoglimento da parte del Tribunale di Roma, che invece ribadisce in più passaggi il diritto dei Comuni che ospitano siti nucleari ad avere il totale dei rimborsi-ristoro stabiliti dalla legge del 2003. In teoria la somma riconosciuta all'ente dovrebbe andare a finanziare opere di riparazione del danno ambientale e forse anche sociale derivato dalla presenza della centrale ma non si tratta di una prescrizione inderogabile. E' peraltro possibile che i Ministeri, il Cipe o la stessa struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri si oppongano al pagamento con un ricorso in Appello che potrebbe ritardare l'effettivo ingresso dei 27 milioni di euro nelle casse del Comune di Latina.
Il valore reale
Ma ciò che conta davvero nella sentenza è l'accertamento di un danno pubblico derivato dalla centrale.
Quest'ultima, insieme alla discarica di Borgo Montello, rappresenta il gap oggettivo posto a carico della città di Latina per infrastrutture pensate per servire una comunità molto più ampia, la quale, però, non ha pagato lo stesso prezzo in termini ambientali e sociali.
Ecco perché questa sentenza va un po' oltre il beneficio finanziario, pur evidente e assi rilevante.
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