Il fatto
21.05.2024 - 13:00
Francesco Tiberio La Torre, detto «Puntinella» se ne stava sì sulla collina di Formia che affaccia sul mare, ma non a fare nulla, bensì con l’intento di ridare forza e impulso alle attività del clan omonimo ora che il cugino, Augusto, risulta pentito. Era infatti Augusto il vero boss dei cosiddetti «Chiuovi» che ha avuto il predominio assoluto nell’area di Mondragone. Ma adesso è in carcere e la fine della pena è prevista nel 2033, dunque qualcun altro deve prendere il suo posto se non si vuole lasciare quel territorio e le aree annesse nelle mani della concorrenza. Rappresentata da gruppi che stanno già dando la scalata, come, per esempio, il sodalizio Gagliardi-Fragnoli-Pagliuca. Uno scontro feroce tra le due fazioni sarebbe stato possibile con l’avvento sulla scena di Puntinella, adesso è scongiurato o perlomeno rinviato e ridimensionato.
Al giudice delle indagini preliminari che lo ha interrogato «Puntinella» ha offerto una versione dei fatti contestati diversa da quanto contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare che gli è stata notificata venerdì mattina nella casa di Maranola, in cui da tempo viveva insieme alla compagna. Durante l’interrogatorio, alla presenza del suo difensore, l’avvocato Antonio Miraglia, ha dichiarato che la vittima più importante delle estorsioni, ossia il consigliere regionale Zannini, avrebbe picchiato il figlio, Antonio La Torre, circa 15 anni fa e questo è motivo di risentimento ma ha aggiunto di non aver mai chiesto soldi.
Tuttavia fino a cinque giorni fa proprio Francesco Tiberio era considerato il più importante esponente del clan ancora libero, dunque anche l’unico in grado concretamente di ridare linfa al gruppo criminale. Si tratta di una delle ipotesi possibili alla base del lavoro degli investigatori, anche se dagli atti finora disponibili emergono «solo» le estorsioni contestate sulla base delle denunce delle vittime. Quel che è certo, perché rintracciabile in altre indagini, è che i La Torre stavano provando a ritagliarsi di nuovo un ruolo nella criminalità del litorale nord della provincia di Caserta. Di qui la serie di estorsioni tentate e consumate che potrebbero essere una prova per testare la forza. L’uomo è accusato di aver estorto denaro ad Alfredo Campoli, imprenditore e direttore generale del Gruppo Campoli, ottenendo da quest’ultimo, dice l’accusa, 20mila euro. Il cugino del boss Augusto avrebbe provato ad avere 50mila euro pure a Giovanni Zannini, avvocato e consigliere regionale. Somma che La Torre avrebbe preteso come ‘risarcimento’ dei danni che il politico, così l’indagato avrebbe motivato la sua richiesta alla vittima, avrebbe arrecato al figlio Antonio circa 15 anni prima durante una zuffa avvenuta sul lido che all’epoca gestiva proprio Zannini. La Torre avrebbe fatto arrivare la richiesta di denaro, corredata da minacce di morte, secondo quanto ricostruito dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, al consigliere regionale Giovanni Zannini attraverso Alfredo Campoli che dunque sarebbe stato da un lato vittima e dall’altro «mezzo» per comunicare.
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