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Il caso

Disabile violentato, c’è il rinvio a giudizio

Tre amici condussero un giovane autistico all’interno di una cineteca e ne abusarono, due già condannati

Nuova tappa della orribile storia di violenza che si è consumata nell’aprile del 2019 in un centro multimediale di Fondi. Tre giovani del posto, con un espediente, avevano condotto un loro coetaneo con sindrome autistica all’interno della sala e lì lo avevano ripetutamente violentato, filmando parte delle scene che poi avevano inviato su due chat. A seguito della denuncia della famiglia ai carabinieri di Fondi era stato ricostruito quel drammatico pomeriggio. La vittima era stata assistita da uno psicoterapeuta durante la trascrizione della denuncia.

Dopo l’avvio del procedimento due degli imputati avevano scelto riti alternativi, mentre il terzo, Giovanni P., oggi venticinquenne, ha optato per il rito ordinario. Ieri mattina, all’esito dell’udienza preliminare davanti al giudice Giuseppe Molfese, è stato deciso il rinvio a giudizio del ragazzo con l’accusa di violenza sessuale aggravata dalle condizioni di salute della vittima. Il processo prenderà il via il 6 maggio 2025 davanti al secondo Collegio del Tribunale di Latina.

Al fascicolo del procedimento risultano allegate, oltre al racconto del ragazzo autistico, che afferma di essersi fidato di quelli che credeva fossero tre suoi amici, anche parte delle chat su cui è stato diffuso il video di una sequenza della violenza. Materiale raccolto dai carabinieri su delega della Procura di Latina alcune settimane dopo la violenza avvenuta in un centro che si trova nel cuore della città e che ospita una serie di eventi ma che il giorno della violenza era aperto solo per attività ludiche e a quell’ora era praticamente vuoto.

Per questo non sono state ritrovate altre testimonianze e i video postati sulle chat di un noto social rappresentano la prova più importante non solo delle violenze ma anche dell’atteggiamento dei tre imputati, che risultano, di fatto, consapevoli del reato che stavano commettendo e che non si trattò affatto di uno scherzo goliardico come affermato nella fase iniziale delle indagini.

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