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Il caso

Sigilli all'hotel Tiberio, va confiscato

Gli avvocati della società «Chinappi» ieri mattina hanno tentato di ottenere un provvedimento di sospensione in extremis

Sigilli all'hote Tiberio, va confiscato

Sono le 10.30 dell’ultimo venerdì di giugno quando l’auto della sezione Nipaaf dei carabnieri accosta nel parcheggio dell’hotel Grotta di Tiberio per apporre l’ennesimo sigillo, in esecuzione del sequestro della Procura di Latina arrivato perché la struttura doveva essere chiusa, in quanto abusiva, di un abuso edilizio insanabile, come dichiarato dal Settore Urbanistica del Comune a maggio di due anni fa. L’albergo, aperto per la stagione 2024, nella consapevolezza che era una violazione della sentenza del Consiglio di Stato e dell’ordine di demolizione, viene chiuso dunque dalla magistratura nell’ambito dell’indagine seguita dal sostituto procuratore Giuseppe Miliano.

Ed è stato ordinato lo sgombero degli occupanti, tutti turisti che hanno regolarmente prenotato o acquistato la camera; dovranno lasciare l’albergo entro lunedì primo luglio, termine concesso per consentire sistemazioni in altre strutture. Intanto le aree e l’immobile sequestrati sono stati affidati alla custodia del vicesindaco Lorena Cogodda, anziché al sindaco Armando Cusani perché questi è incompatibile. Tutto avviene senza intoppi né disordini mentre l’asfalto della Flacca brucia e la spiaggia di Valle Corsari sta registrando il primo pienone dell’estate. Che a Sperlonga non è nata sotto una buona stella, bensì con l’ennesimo braccio di ferro tra legalità e abusivismo edilizio legato all’hotel Tiberio, già appartenuto al sindaco in carica Armando Cusani, di qui l’impossibilità di affidargli la custodia dell’hotel, che oggi è della società in accomandita semplice «Chinappi Aldo &C», la quale fino all’ultimo secondo ha provato ad evitare la chiusura. Infatti ieri mattina gli avvocati Alfredo Zaza D’Aulisio e Alfonso Celotto avevano chiesto un provvedimento d’urgenza al Presidente del Consiglio di Stato di sospensione della sentenza che martedì aveva ribadito l’abuso insuperabile e la conseguente acquisizione dell’hotel al patrimonio pubblico del Comune oppure la demolizione. La «Chinappi» chiedeva appunto la revoca dell’ordinanza del 26 giugno ma l’istanza è stata respinta, aprendo dunque la strada al blocco immediato delle attività, mentre, in contemporanea, ma in via indipendente è scattato il sequestro della Procura per inottemperanza all’ordine di demolizione di ben due anni fa (maggio 2022). La richiesta al Presidente del Consiglio di Stato non è passata perché non sussiste un pregiudizio grave e irreparabile, d’altro canto già escluso nell’ordinanza del medesimo organismo giudicate appena tre giorni prima.

Ilprovvedimento monocratico è stato notificato nella tarda mattinata di ieri. Le motivazioni addotte dagli avvocati della società «Chinappi» erano state sempre le stesse, ossia che la chiusura danneggerebbe i livelli occupazionali e l’impegno economico verso i fornitori. Ma i giudici amministrativi hanno chiarito altre volte che, in realtà, la società era al corrente degli abusi insanabili e dell’ordine di demolizione, dunque quantomeno per cautela non avrebbe dovuto aprire. Fermo restando il fatto che l’ordine del Settore Urbanistica non è stato mai eseguito. Il Presidente del Consiglio di Stato, Oberdan Forlenza, ha rimarcato inoltre che tutte le eccezioni sollevate sono stare già analizzate dal collegio.

Le ulteriori motivazioni della «Chinappi» potranno essere illustrate nella camera di consiglio del 23 luglio ma nelle more l’hotel deve restare chiuso. Nel pomeriggio gli avvocati della società avevano sollecitato una nuova decisione d’urgenza contro il sequestro preventivo urgente emesso dalla Procura di Latina giovedì e notificato ieri mattina, in relazione allo sgombero dei clienti, che, secondo la ricorrente poteva causare un danno irreversibile. Anche questo secondo tentativo di bloccare la chiusura ha trovato il diniego del Consiglio di Stato perché il provvedimento impugnato è della Procura e ha tutele in altre sedi, ma soprattutto perché il sequestro non ha riguardato la società «Chinappi», bensì la «Meraki srl» che ha preso in affitto l’hotel.

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