Il fatto
03.07.2024 - 10:00
Il caso. E’ nello stesso momento in cui ieri pomeriggio alle 5 il piccolo corteo con l’auto dei Carabinieri porta Antonello Lovato in carcere, in via Armando Diaz, davanti alla porta carraia passano due indiani: sono padre e figlio, vivono a Borgo San Michele. Sono appena usciti dal Comune dove erano andati a chiedere il rinnovo della carta di identità. Il papà è un bracciante agricolo, ha 10 anni in più di Satnam, dice di lavorare in regola nella zona di Sabaudia. Guardano sfrecciare le auto con dentro un uomo che si copre il volto e impugna una cartellina rossa.
Pensano e si immedesimano. «Sì è lui», è la risposta alla domanda: «Lo hanno arrestato?».
Da ieri pomeriggio Antonello Lovato è in carcere. Non ha soccorso Satnam, il bracciante agricolo diventato in questi giorni un simbolo. Ha detto a chi era lì quel pomeriggio di restare in silenzio. Ha lavato il furgone e ha raccontato che la moglie di Satnam le ha chiesto di portare il marito senza braccio a casa e non in ospedale. E’ la descrizione del gip Giuseppe Molfese nell’ordinanza di custodia cautelare notificata ieri alle 13. I Carabinieri della Compagnia di Latina sono andati a prendere Antonello Lovato a casa, a poca distanza dal luogo dove è avvenuto l’incidente, lui ha intuito qualcosa.
Ha visto il comandante della stazione di Borgo Podgora, un ufficiale dell’Arma, e ha capito che sarebbe stato arrestato. Nell’ordinanza di custodia cautelare - richiesta dalla Procura, dal pm Marina Marra e dal Procuratore Giuseppe de Falco - ricorrono dei termini che dal 17 giugno ad oggi sono stati utilizzati più volte da tutti. Sono stati riportati in articoli, sono stati ripetuti nei discorsi e negli appelli, nelle interviste e negli interventi dal palco. Disumano, oppure agghiacciante. E’ tra questi due poli che si muove l’inchiesta sulla fine di Satnam. Sembra quasi di immaginare tutta la sequenza che si consuma tra i campi di Borgo Santa Maria e Borgo Bainsizza. Sembra quasi di essere su quel furgone che deve fare piano ad un certo punto di via Genova perchè la strada è piena di buche. Sembra quasi di sentire il rumore delle cassette di plastica vuote che si rovesciano come racconta Soni.
«Le risultanze depositate consegnano e ricostruiscono una storia di allarmante disprezzo per la vita altrui e di inaccettabile sofferenza umana fino al decesso che sembra essere solo la più grave conseguenza di un sistema diffuso, malato, e generalizzato nel territorio pontino». E’ questa la premessa del gip: «Il clima di soggezione nel quale versano gli altri lavoratori stranieri, le possibili intimidazioni e i condizionamenti esterni andrebbero certamente a minare la genuinità delle loro affermazioni».
Edizione digitale
I più recenti
Ultime dalla sezione