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Cronaca

Bocciate le attenuanti ai Bianchi. Ora rischiano l’ergastolo

Per Marco e Gabriele processo bis in appello con il rischio dell’ergastolo. Le motivazioni della Cassazione. Per i giudici non ha inciso il clamore mediatico del caso mentre nulla si è detto sulla mancata revisione critica degli imputati

Bocciate le attenuanti ai Bianchi. Ora rischiano l’ergastolo

«Irrevocabilità dell’accertamento della loro responsabilità». Così scrive la Cassazione nel motivare la sentenza che apre un appello-bis a carico dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte.


A pochi giorni dal quarto anniversario dell’uccisione, a Colleferro, del cuoco di Paliano, resi noti i motivi dell’accoglimento del ricorso del procuratore generale. La decisione comporta la condanna definitiva per Francesco Belleggia, a 23 anni, e Mario Pincarelli, a 21, mentre dovranno subire un nuovo processo, limitatamente «al riconoscimento delle circostante attenuanti generiche Gabriele e Marco Bianchi». La Cassazione non ha avallato il ragionamento in sede di appello per la riduzione di pena dall’ergastolo a 24 anni per i fratelli di Artena.

Sui Bianchi, la Cassazione cita la Corte d’assise di Frosinone secondo la quale «nessun aspetto connesso all’incontestabile gravità del fatto era suscettibile di determinare attenuazioni di pena». Inoltre, «negativa era la valutazione della loro pronunciata capacità a delinquere, essendo essi gravati da carichi pendenti per reati inerenti a violenza e condannati in secondo grado per spaccio di sostanze stupefacenti, persone note nel loro contesto come picchiatori, facenti parte della chat denominata “La gang dello scrocchio”, dotati di personalità allarmante, privi di attività lavorativa eppure connotati da tenore di vita elevato, nonché protagonisti di un comportamento post factum dimostrativo di qualsiasi revisione critica del loro gravissimo operato».

Tuttavia, la Corte d’assise d’appello aveva ritenuto i Bianchi «meritevoli» delle attenuanti generiche in virtù del «dolo eventuale, forma di dolo meno intensa, con conseguente necessità di adeguare la sanzione al fatto». Tenendo conto che «i Bianchi erano estranei del tutto al contesto iniziale» che il pestaggio si era esaurito «in un breve lasso di tempo» e che «la negativa personalità dei Bianchi non era così soverchiante da prevalere sull’elemento soggettivo del reato». Ritenuta «fondata» in appello «la censura dell’eccessivo clamore mediatico riservato al processo».

Invece, per la Cassazione in appello manca «una giustificazione puntuale e adeguata delle conclusioni» difformi da quelle di primo grado. E «la valorizzazione dell’intensità del dolo, in via di principio legittima, risulta però sorretta da un’analisi monca» in quanto «non è dato cogliere le ragioni» per le quali hanno «valenza attenuativa, l’estraneità dei Bianchi al contrasto iniziale... il tempo di dispiegamento della condotta (che ne aveva esaltato le micidiali modalità) e il mero carattere concorsuale» al «pestaggio di gruppo».

Quanto all’aspetto mediatico, non si è spiegato «quali fossero i comportamenti aventi valenza soltanto etica o estetica» mentre «l’addebito alla sentenza di primo grado di cedimento all’eccesso di clamore mediatico si è arrestato allo stadio dell’epidermica enunciazione», senza nulla osservare sulla «persistente e totale mancanza di revisione critica» degli imputati.
Da qui l’esigenza di un nuovo processo per i Bianchi (che ora rischiano nuovamente l’ergastolo) da svolgersi con «intatta libertà valutativa, ma colmando le lacune motivazioni rilevate».

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