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Il processo

Tritone, il pm: la ndrangheta mediava in politica

Il dibattimento alla sua fase più delicata. Durissima requisitoria del pm: Anzio e Nettuno come la Calabria

Tritone, il pm: la ndrangheta mediava in politica

La sentenza del processo Tritone sui legami tra politica, ‘ndrangheta ed economia è attesa per novembre, quasi in contemporanea con le nuove elezioni.

Ma intanto è già un momento di fuoco per il dibattimento, che segna il punto più importante con la requisitoria, durissima, del pubblico ministero Giovanni Musarò. Impietosa la descrizione finale del cordone esistito tra figure amministrative e capi del sodalizio. «Diversi politici di Anzio e Nettuno hanno chiesto l'appoggio della ndrangheta. - ha detto il sostituto procuratore che rappresenta la Dda in aula - Ad Anzio quelle del 2018 erano le prime elezioni in cui non si candidava Pasquale Perronace. In questa indagine abbiamo accertato che Giacomo Madaffari aveva voce in capitolo sulla scelta dei candidati e che Davide Perronace è colui che media tra la candidatura di Giuseppe Ranucci e quella di Laura Nolfi. Noi abbiamo rappresentato tre momenti storici della campagna elettorale e il momento in cui la ndrangheta passa all’incasso. Volendo fare una sintesi c’è il dato della consapevolezza di molti politici di Anzio e Nettuno per i quali la ndrangheta è determinante per le elezioni». Poi una stoccata al terminale dell’ente pubblico: «Voi consultando il portale di ‘Anzio Trasparenza’ non saprete mai quanto tempo è stato consigliere o assessore ad Anzio Pasquale Perronace. Qui si è dimostrata l’esistenza e l’operatività di una locale in Anzio e Nettuno».

Secondo questa ricostruzione i Gallace si sono trasferiti a sud di Roma per motivi di sicurezza, «per salvarsi dalle faide». Ad ogni modo dagli atti e all’esito del dibattimento si può affermare che la locale di ndrangheta descritta in «Tritone» e la prosecuzione di quella già individuata nel processo «Appia». Un’associazione che si compone di tre sottogruppi: Madaffari, Gallace e Perronace.

Poi c’è il secondo fronte della requisitoria, quello più delicato e scomodo che riguarda «i rapporti con gli apparati investigativi».
«Noi avevamo indagato sui Gallace prima e non usciva. - ha detto Musarò - Niente. Abbiamo riaperto le indagini nel 2018 dando ordine di non comunicare in alcun modo con la territoriale. Gli imputati si sono dimostrati capaci di procurarsi notizie dalle forze dell’ordine. Alcuni ufficiali di polizia giudiziaria hanno rapporti patologici con gli imputati. Ad Anzio e Nettuno sembra di stare in Calabria. Prendiamo la vicenda del delitto di Luca Palli. Infatti mentre Patrizio Forniti e i suoi sodali stanno per organizzare la rappresaglia un carabiniere infedele avvisa Giacomo Madaffari e gli chiede di avvisare Forniti che se uccide gli assassini di Palli sarà arrestato. Emerge uno spaccato sconcertante».

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