La storia
08.10.2024 - 11:30
Il sodalizio di spacciatori che ruotava attorno alla commerciante di frutta Carmina Fustolo era capace di azioni criminali molto rilevanti, a latere del traffico di droga o forse proprio per accreditare ancora di più il calibro di quel giro di trafficanti. Sta di fatto che nelle motivazioni della sentenza da poco pubblicate, il Tribunale fa riferimento ad un episodio gravissimo, un sequestro di persona del 24 febbraio 2020 operato da due soggetti del giro della Fustolo, ossia Antonio Tornincaca e il figlio Emanuele, quest’ultimo condannato insieme alla stessa Fustolo proprio con la sentenza White Fruit. Il rapito non è uno qualunque, bensì Giuseppe Basco, già custode delle armi e della droga di Emanuele Tornincasa, cui è affidata la piazza di spaccio della città di Gaeta nonché l’approvvigionamento per Formia. Nell’inverno del 2020 Carmina Fustolo e il suo grossista, Emanuele Tornincasa, si accorgono che ci sono degli ammanchi negli incassi della vendita di cocaina; entrambi sospettano che Basco abbia lucrato alle loro spalle, sottraendo indebitamente 30mila euro e 140 grammi di cocaina. Basco, originario dell’agro aversano ma in quel momento stanziale a Gaeta, sparisce dal sud pontino e si rifugia a Casal di Principe.
Ed è lì che lo vanno a cercare e lo sequestrano Antonio ed Emanuele Tornincasa (padre e figlio). Si legge nella sentenza White Fruit emessa dal Tribunale di Cassino: «...lo prelevarono con l’inganno per estorcergli quanto ritenevano fosse stato sottratto all’organizzazione». La vicenda nei dettagli viene descritta nella sentenza della Corte d’Appello di Napoli del luglio 2022, con la quale Antonio Tornincasa è stato giudicato responsabile di sequestro di persona al fine di estorsione, mentre ad Emanuele Tornincasa viene attribuito il reato di tentata estorsione. Carmina Fustolo fu informata del sequestro dallo stesso Emanuele Tornincasa il giorno successivo nel corso di una telefonata intercettata nell’ambito dell’indagine che in quel periodo veniva condotta dalla Polizia e dalla Finanza di Formia. Peraltro il rapimento avvenne con prove video, infatti mentre Giuseppe Basco era nelle mani dei Tornincasa ricevette delle telefonate dalla moglie, che lo cercava in quanto lo aveva visto uscire perché doveva incontrare delle persone per un chiarimento senza che fosse rientrato nelle ore successive. Alle chiamate della donna aveva risposto Antonio Tornincasa e in una videochiamata la signora Basco aveva visto il marito «con una corda al collo».
In seguito i Tornicasa furono arrestati e una misura restrittiva fu applicata anche a Basco per detenzione di un fucile a canne mozze. Ciò per dare l’idea dell’ambientino frizzante e violento che animava il sodalizio dello spaccio tra le due città del Golfo. Va aggiunto che Basco, nella sua qualità di collaboratore di giustizia, ha poi fornito agli investigatori un quadro molto dettagliato di come funzionava almeno fino al 2022 il traffico di droga nel sud pontino, con relativi colonnelli del settore e dazi da pagare per «transitare» da una città all’altra.
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