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Il caso Latina Ambiente

Crac dei rifiuti, il Comune parte civile al processo

Raffica di eccezioni delle difese sui debiti dell’ente verso la società fallita, ma alla fine il gup riconosce l’esistenza di un «danno autonomo»

Crac dei rifiuti, il Comune parte civile al processo

Si è chiusa alle 14.15 di ieri la lunga vicenda della costituzione di parte civile del Comune di Latina nel processo per bancarotta contestata per il fallimento della Latina Ambiente, la più importante partecipata dell’ente, che dal 1994 al 2017 ha eseguito il servizio di igiene urbana. Il gup Laura Morselli ha rigettato le eccezioni della difesa, ammettendo formalmente al processo l’amministrazione comunale, perché il reato che la Procura attribuisce agli amministratori che si sono succeduti alla guida della società ha creato un danno diverso e autonomo al Comune, come si evince dalla memoria depositata. La decisione del giudice è arrivata all’esito di una lunga battaglia in aula.

In specie i difensori, e per tutti, l’avvocato Renato Archidiacono, hanno confutato il danno all’ente poiché il Comune era debitore della spa e i diritti di parte civile possono essere rappresentati solo dai creditori, in questo caso dalla curatela del fallimento della spa; a supporto di questa tesi sono stati prodotti molti documenti attestanti i debiti del Comune, nonché l’avvenuta recente transazione che, secondo questa tesi, avrebbe suffragato oltremodo l’assenza del diritto a rivendicare un danno. C’era stata un’ulteriore eccezione di forma, legata al fatto che la delibera di Giunta che contiene la procura all’avvocato Francesco Cavalcanti per la costituzione è stata firmata dal vicesindaco Massimiliano Carnevale anziché dalla sindaca, in questi giorni fuori città. Ma proprio per tale ragione è stata ritenuto comunque legittimo l’incarico vistato dal vice.

Il percorso dell’udienza preliminare per stabilire i rinvii a giudizio in parte o in toto degli imputati è stato calendarizzato per il 3 aprile, 10 aprile e 8 maggio. Sono 26 gli imputati accusati della bancarotta fraudolenta dell’azienda che ha gestito la raccolta dei rifiuti nel capoluogo pontino. Il capo di imputazione nella scorsa udienza era stato riformulato nel calcolo finale dell’importo della bancarotta, da 18 milioni a 10 milioni. Il nodo della parte civile ha animato anche il dibattito politico degli ultimi mesi, al punto che è stato chiesto un parere tecnico esterno in base al quale sarebbe stato possibile procedere in sede erariale anziché penale per risarcire l’ente. Una battaglia che muoveva soprattutto dalla presenza nello staff del sindaco di due dei soggetti coinvolti nel processo, ossia l’avvocato Giacomo Mignano e il consulente Stefano Gori, ma soprattutto da una lunga storia condivisa tra Comune e Latina Ambiente.

Il perno delle partite debiti-crediti aveva caratterizzato anche la fase precedente la sentenza di fallimento, poiché la società aveva sempre rivendicato il pagamento di somme ingenti per servizi extracontratto non saldati dall’amministrazione ma nemmeno disconosciuti.

Anche dopo l’ammissione dell’ente quale parte civile continuerà il duello sulle responsabilità penali e sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura, rappresentata dal sostituto Marco Giancristofaro. La domanda di fondo è ancora la stessa: se il Comune di Latina avesse ottemperato al pagamento dei servizi fatturati dalla sua società partecipata quest’ultima sarebbe fallita ugualmente? Per altro verso: il mancato riconoscimento prima del fallimento del 2016 non ci fu perché gli atti custoditi presso l’ente di piazza del Popolo non furono ritenuti sufficienti a provare i crediti di Latina Ambiente e l’oggettiva esecuzione dei servizi extracontratto fatturati.

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