La storia
13.01.2025 - 10:30
Non solo un processone con al centro i fratelli Angelo e Salvatore Travali, oltre che uno storico personaggio della criminalità locale, Costantino Di Silvio detto Cha Cha. No, Reset è stato anche molto altro. Banco di prova per una nuova generazione di avvocati, tutti under 40 che hanno scandagliato ogni singolo passaggio dei verbali, delle sit, riletto le dichiarazioni dei pentiti, confrontato i fatti registrati nella prima ora con quelli emergenti nel dibattimento. In qualche modo hanno convalidato il metodo dei «maestri», ossia del gruppo storico dei penalisti del Foro di Latina, ma Alessia Righi, Massimo Frisetti, Italo Montini, Marco Nardecchia, Valentina Sartori, Virginia Ricci e Marta Censi sono andati oltre.
«C’è stato un grande lavoro per ognuno di noi, che ha portato senza dubbio a confrontarci l'un l'altro. - dice Alessia Righi - Per noi un processo come questo è una grande opportunità perché ti confronti con colleghi illustri e con la pubblica accusa della Dda, un processo con tanti imputati e tante posizioni diversificate, concentrato in molte udienze sul finire, quindi ci è voluta proprio una grande forza, una prova importante per tutto l’ufficio giudiziario di Latina».
Prova, o cartina di tornasole di quanto può «tenere» la struttura davanti al un processo del genere, con decine di ore di udienza, passaggi beffa, tensione, misure di sicurezza rafforzate sia il giorno della camera di consiglio per la sentenza che quello della requisitoria del pm, un magistrato sotto scorta, il presidente del collegio determinato dal primo giorno in cui si è insediato a non far scadere i termini di custodia cautelare. Il ragionamento è stato: se gli imputati detenuti devono uscire dal carcere è per assoluzione non perché la giustizia non riesce a fare il suo corso.
Non era semplice applicare questo criterio e anche qui le tensioni non sono mancate. Il 25 ottobre 2024 il passaggio più delicato. Al collegio arrivano certificati medici da quasi tutti i detenuti eccellenti, tra gli altri quelli di Angelo e Salvatore Travali e giustificazione analoga per Cristian Battello. Il rinvio chiesto fu accordato, di tre giorni, inclusa la domenica, e con visita fiscale presso il luogo di detenzione. Come si sa, il metodo mafioso è caduto sulle contestazioni per traffico di droga ma è rimasto sulle estorsioni. Le motivazioni spiegheranno perché ma c’è qualcosa di altro e di diverso che richiama l’attenzione in quelle estorsioni ed è l’atteggiamento delle vittime-testimoni durante le escussioni in aula.
L’omertà, la paura e l’assoggettamento si tagliava a fette. Già visto anche in altri processi di mafia, inclusi gli altri scaturiti dalle dichiarazioni dei pentiti della criminalità pontina, eppure questa volta, nel processone sui Travali, il timore è stato, in qualche modo, più vistoso. Tanto che, al di là della valutazione ai fini delle condanne, quella omertà resterà per il suo valore «civile» dentro una piccola e moderna città europea del 2025. Deposizioni piene zeppe di «non ricordo», «ero sbronzo», «ma perché sto qui?», «non li conosco, a parte da quel che scrivono sui giornali», «stavo male in quel periodo e prendevo farmaci». Nessuna delle vittime di quella che è stata una rete estorsiva di stampo mafioso aveva mai pensato di costituirsi parte civile o di denunciare se non fosse stata «convocata» in questura. Si vedrà dalle motivazioni del Tribunale se questo tassello ha inciso e in che misura.
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