Il fatto
15.02.2025 - 10:00
Per ora è rimasto in silenzio, per lui non era ancora il momento di parlare, ma ieri Johnny Lauretti ha debuttato in un’aula di Tribunale nelle vesti di collaboratore di giustizia. L’occasione era la prima udienza dell’inchiesta denominata Jars, ossia il frutto di una delle indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo sulle bande che si contendono gli affari illeciti nella città di Fondi. Ovvero l’inchiesta sul gruppo capeggiato da Ferri e Pannone, nel quale Lauretti, tra i capi della fazione opposta che oltretutto aveva prevalso nella guerra per il controllo del narcotraffico, era finito per un conflitto a fuoco tra i due gruppi. Ieri quindi è stata l’occasione, per il pubblico ministero Martina Taglione, di svelare le carte in tavola, dichiarando appunto che l’ormai ex boss è passato dalla parte della giustizia: cambia uno dei capi d’imputazione, proprio quello riguardante il conflitto a fuoco avvenuto tra le due organizzazioni criminali contrapposte il 22 ottobre del 2020, perché il nuovo pentito ha dichiarato che oltre a tre pistole, i suoi avversari imbracciavano anche un mitra, quindi un’arma da guerra. Al tempo stesso Lauretti, per il tramite del suo avvocato, quello messo a disposizione dal programma di protezione, ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato, quindi evitando il dibattimento previsto per gli altri imputato. Di conseguenza il pubblico ministero ha chiesto che venga ascoltato, nel procedimento in corso davanti al collegio dei giudici del Tribunale di Latina, nella veste di testimone dell’accusa. Passaggi, questi, sui quali il collegio giudicante si è riservato di decidere, concedendo i termini a difesa chiesti dall’avvocato Maurizio Forte che si è opposto alla richiesta della pubblica accusa. Con l’occasione la Procura ha depositato il verbale del primo interrogatorio sostenuto da Lauretti il 2 gennaio.
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